giovedì 5 settembre 2013

venezia 70 / VALE LA PENA

parto da quelli in concorso

KAZE TACHINU di Hayao Miyazaki (126' - in concorso): ultimo film del maestro giapponese, nonché suo testamento artistico e spirituale. Una storia bellissima e coinvolgente ricca di sfumature e momenti poetici, di Storia (quella vera) mescolata a finzioni quasi fiabesche. Vabbè, dai: è il mio leone d'oro (per quelli che ho visto in concorso). S'è capito.



THE UNKNOWN KNOWN documentario di Errol Morris (105'- in concorso) su Donald Rumsfeld: in realtà qui bisognerebbe dare il Leone come miglior attore a Rumsfeld, protagonista che si mangia il film, il regista e la storia. E' un ritratto suo ma a tratti sembra quasi essere un autoritratto (e questo vale anche come critica ovviamente). E' interessante, non bello né ben fatto (molto televisivo con momenti davvero bassi a livello registico), ma interessante.

JIAOYOU di Tsai Ming Liang (138' - in concorso) è un film visivamente stupendo con almeno una parte (quella centrale), davvero molto bella. E' ostico eh, ed è più vicino alla videoarte e a Matthew Barney che al cinema narrativo, ma è un film che va visto: La recitazione degli attori è a tratti incredibile, la composizione delle immagini e le luci sono da sole un motivo sufficiente a provare senza dubbio il valore del film. Ho avuto qualche problema con le inquadrature tenute almeno 6 volte il tempo necessario alla storia che mettono a dura prova lo spettatore (metà sala abbandona), che in alcuni momenti (quelli in cui la storia prende davvero) fanno perdere tensione e interesse a favore di un intellettualismo artistico che in alcuni momenti mi risulta davvero fastidiosamente narcisistico.

altri non in concorso, a caso

GERONTOPHILIA di Bruce LaBruce (85' - giornate degli autori) è il primo film che ho visto: una commedia canadese  (c'ho messo un po 'a capirlo - che era una commedia non che fosse canadese-) su una storia d'amore tra un ragazzo e un vecchio ospitato in una casa di cura. Piano piano si trasforma in un film on the road, dolce, leggero, ben diretto, che riesce a trattare la tematica difficile in modo empatico e non provocatorio. Difficilmente uscirà in Italia ed è un vero peccato. Sembra un film di Todd Solondz ma è più sentimentale e delicato. Due pecche: l'uso della musica è schematico e banale, l'attore principale sembra uscito da un Twilight (apprendo solo l'ultimo giorno che è un attore porno, ma questo non lo salva).



LA BETE HUMAINE di Jean Renoir (109' - restauri / classici): vabbé è un film del 1938 tratto da Zola e non ve lo dico certo io che si tratta di un film da vedere.

KAPURUSH film minore (del 1965) -ma non tanto- di Satyajit Ray (74' - restauri / classici) dai virtusosissimi e calibrati movimenti di macchina. Bellissima fotografia per una storia così così in cui lo stile prevale un po' sul contenuto (ma è un bel vedere).

AT BARKELEY è un documentario fuori concorso piuttosto lunghino (244') di Frederick Wiseman (presente in sala) sull'Università storica pubblica Americana: un documentario d'osservazione che informa e coinvolge, con momenti più poetici alternati ad altri più informativi. Delicato, attento, interessante e difficilmente si vedrà in italia. Peccato.

STILL LIFE di Uberto Pasolini (87' - Orizzonti) è forse la più felice sorpresa di questa mia edizione. E' un film malinconico, dalla regia elegante e sottile, spesso ironica talvolta drammatica. Un film fatto di silenzi, di pensieri, di umanità profonda. Eddie Marsan è perfetto nella parte, ma tutti gli attori sono incisivi senza mai diventare macchiette. Non so i minuti di applausi che ha ricevuto ma so che ho pianto per un paio di minuti nel toccante finale (considerate che era mattina presto, potrebbe aver influito questo su di me). E non ero il solo.  Una Clip qui 




Venezia 70 / VORREI MA NON POSSO

Eccoci. Sono opinioni personali ovviamente, ma sincere. Tiè.

ALGUNAS CHICAS di Santiago Palavecino (100' - orizzonti)
ovvero vorrei essere David Lynch ma a malapena riesco a fare The Blair Witch Project
Thiller psicologico dalle atmosfere (gli piacerebbe) lynchiane che ricorre a tutti gli espedienti per creare una vibrante tensione emotiva fallendo su tutta la gamma: fotografia instagrammosa virata sul blu, attrici che girano a vuoto, storia inconcludente, tempo perso pari a 100'. Il vero mistero non è chi ucciderà chi o la piscologia di quale delle tre donne prevarrà ma Chi ha dato i soldi perché si realizzasse questo film e Chi lo ha programmato a Venezia. Misteri insoluti. Come se non bastasse nella sinossi del film sul sito ufficiale dicono (e mi risulta intollerabile) "porosi incubi, giochi pericolosi e una soverchiante incertezza": porosi e soverchiante nella stessa frase - ci terrei a sottolinearlo-. 
E' un film poroso da tutti i pori. 
(ps ho provato a cercare un trailer ma se digito Algunas Chicas su youtube escono prevedibilmente solo ragazze seminude)


ANA ARABIA di Amos Gitai (84' - in concorso)
ovvero vorrei fare anche io il mio film in un unico piano sequenza ma non sono Sokurov anche se mi piaccio un casino
Una giornalista dai capelli rossi intervista donne e uomini di una famiglia mista di ebrei e palestinesi che vive ai margini della società sentenziando frasi della profondità de "L'amore deve essere più forte di ogni cosa", "ho imparato a non aver paura della vita", "Arabi e ebrei sono uguali" e altri aforismi di sconcertante banalità. Molti definiscono tutto ciò un inno alla tolleranza e all'integrazione. Io preferisco credere che si possano dire cose un pelino più profonde, ma forse è utopia. Tolta la scena finale (molto bella) è un film parlatissimo, spiegatissimo e recitatissimo (nel senso che si vede che recitano lontano un miglio, soprattutto l'insopportabile protagonista e la sua borsetta e sciarpa chic cui forse non è stato detto che non si tratta di To the Wonder di Malick ma di Ana Arabia di Gitai), in cui tutto l'interesse va alla minuziosa perizia dell'unico piano sequenza (ben orchestrato e studiato - al decimo ciak la versione poi utilizzata). A mio avviso è un colossale bluff cui non mancheranno estimatori pronti a difenderlo a spada tratta (tanto che alcuni invocavano il Leone d'Oro).

ZORAN IL MIO NIPOTE SCEMO
di Matteo Oleotto (106' Settimana della critica)
ovvero facciamo una commedia stupida all'italiana ma con budget ridotto così la facciamo spacciare per un piccolo film divertente e ci facciamo tutti un po' di soldi
Agghiacciante standing ovation (per fortuna ero già uscito) e tutto esaurito alle proiezioni di questo film sulla scia di Si può fare. Visto rivisto stravisto: anche basta. I non italiani sono sconcertati e non capiscono: non capiscono gli applausi continui in sala (davanti a ramanzine moraliste impartite con ironia o a un canto di un coro che parla di scoregge), le risate sguaiate del pubblico davanti a un rutto o alle parolacce o all'ennesima parte del (bravo) Battiston nella parte (guarda un po', ancora) di se stesso. Prevedibile, machiettistico-caricaturale, piatto, con l'immancabile momento dramma per suscitare quelle basse emozioni necessarie alla riuscita e quell'aria da basso budget indie che mi irrita sin dai titoli di testa (ovviamente gialli in bel design). Non fosse a Venezia e fossi in un multiplex mi potrebbe sembrare un film carino e piacevole: qui si dà delle arie sbagliate nella sezione settimana della critica. La sua visione in Sala Darsena è un poroso incubo soverchiante. E' fatto per piacere e scommetto piacerà.





venezia 70 / INDIFFERENZA

NIGHT MOVES di Kelly Reichardt (112' - In concorso) mi ha fatto dormire profondamente e un po' gli sono grato per questo. Per il resto è una storia cupa di tre ambientalisti radicali capitanati dal Jesse Eisenberg del The Social Network. Se la regista non lo presentasse come "thriller sull'ambiguità dell'essere umano" sarei più bendisposto, in ogni caso la mia indifferenza credo sia dovuta più al mio sonno che non alla qualità del film che dovrei rivedere ma anche no  (non mi è sembrato memorabile).

THE ZERO THEOREM di Terry Gilliam (107' - in concorso) certamente non vincerà il Leone e certamente non è il miglior film di Terry Gilliam. E' un po' un minestrone delle idee (direi quasi fissazioni) politico satiriche di Gilliam sulla realtà contemporanea. E all'apparenza le sue idee sono rimaste più o meno le stesse dai tempi dei Monthy Python. Qualche momento funziona bene, qualche attore pure, però nel complesso non è un film imperdibile nonostante qualche bella intuizione, la bellezza (e bravura) sconcertante di Mélanie Thierry, un Christoph Waltz pelato e depresso e un grottesco momento rap di Tilda Swinton. E' in qualche modo un film speculare al precedente Doctor Parnassus e tra quelli in questa sezione INDIFFERENZA è comunque il migliore.

UNDER THE SKIN di Jonathan Glazer (107' - in concorso), regista affermato e celebrato di videoclip musicali (tra cui citiamo almeno Karma Police dei Radiohead), è un film molto visivo, poco parlato, che le tenta tutte per guadagnarsi l'aggettivo di "conturbante": dalle luci alle atmosfere, dalla recitazione di Scarlett Johansson alle musiche e i rumori. Dormo bene anche qui, ma qui devo proprio riprovarci perché potrei davvero sbagliarmi. Si vede comunque un po' troppo che il regista viene dai videoclip e molte scene sembrano forzate narrativamente per arrivare alle "belle immagini", con controluci, pavimenti luminosi e compagnia bella.



SORCERER -  IL SALARIO DELLA PAURA di William Friedkin (restauri / classici) non è un brutto film, anche se dai primi minuti si capisce che subisce -un po' troppo- il peso degli anni Settanta: zoomate, musica e compagnia bella. E' un remake (perdibile) di un capolavoro di Clouzot imperdibile. William Friedkin, amichevolmente chiamato Zio Bill, riceve a questo giro il Leone alla Carriera.



venezia 70 / RUMORS

Allora, quest'anno più di altri anni ho ascoltato i pareri (spesso completamente in contrasto) delle persone attorno a me. Intendo non persone che ho origliato di nascosto sul vaporetto ma amici, conoscenti, persone che stimo. E quei famosi 3 o 4 di cui mi fido. insomma quasi tutti concordano sul fatto che (io non li ho visti per cui mi affido a loro):

- THE CANYONS di Paul Schrader (fuori concorso) sia quantomeno deludente. I commenti passano dalla "ciofeca assoluta" al "mi aspettavo qualcosa di più". Soltanto una persona (apprendo dalla sua pagina facebook) lo ritiene un capolavoro di umorismo sottile stile American Psycho (che gli altri non avrebbero -secondo lui- colto). Io non mi fido di questa persona, per la cronaca. 

- PHILOMENA di Stephen Frears sia il miglior film visto in concorso. Sembra anche gradevole e di facile accesso non solo per critici, intellettuali e compagnia bella ma anche per il pubblico. Difficilmente Bertolucci quindi potrebbe premiarlo.

- lo svedese VI AR BAST! di Lukas Moodysson (Orizzonti), seppur più indicato per teen agers, dev'essere certamente un piccolo film molto bello da non perdere.

- SUMMER 82 WHEN ZAPPA CAME TO SICILY (proiezioni speciali) racconta certamente una storia divertente anche se non è diretto in modo particolamente interessante, anzi (mi dicono, e mi fido). Però qui conta anche il fatto che io amo Frank Zappa, forse non a tutti interesserebbe altrimenti.

MISS VIOLENCE di Alexandros Avranas (in concorso) non verrà mai distribuito in Italia (e qualcuno insinua che solo per questo non vincerà il Leone d'oro, altrimenti lo meriterebbe): è una storia disturbante con scene violente e non è un film di quelli da cui si esce felici, anzi. Molti gridano (si fa per dire) al capolavoro.


- LOCKE di Steven Knight (fuori concorso): un coro a cappella di voci positive.

- DIE FRAU DES POLIZISTEN di Philip Groning (175' in concorso), forse per durata, forse per lentezza, forse perché diviso in 59 capitolini, ha spaccato in due i pareri. io, pur senza averlo visto, mi schiero con fermezza dalla parte degli entusiasti (che vedono tra le loro fila più persone di cui mi fido). Il Grande Silenzio, film precedente del regista, mi è piaciuto molto, ed era lento e lungo. Forse già questa è una buona ragione per il mio schieramento. In ogni caso certamente un film da vedere.  



- L'INTREPIDO di Gianni Amelio (in concorso) con Albanese ha riscosso solo pareri positivi anche dai non italiani. Dico non italiani perché i film italiani, spesso, soprattutto a Venezia, piacciono SOLO agli italiani, lasciando piuttosto perplessi gli altri. E' il caso di Zoran, di cui parlerò nel capitolo VORREI MA NON POSSO.

- MOEBIUS di Kim Ki Duk (fuori concorso) pare uscirà nelle sale in una versione censurata vista la violenza esplicita di alcune parti. E' un film quasi muto, pare, con momenti drammatici e violenti e altri esilaranti. O così pare.

- GRAVITY ha un buon ritmo e tiene bene la tensione.Non mi fido, ma riporto. 

ecco qui chessidiceva in giro.



venezia 70 / premessa

Ecco che sono in treno pronto per ritornare alla "realtà".
Questa volta ho lavorato per la CICAE fino all'1 settembre (compreso), per cui ho visto film perlopiù dal 2 al 4. Insomma, in totale i film che ho visto sono circa 15, non tanti, ma abbastanza per dire che la disorganizzazione del personale era superlativa come sempre, ma la qualità media dei film era abbastanza buona. Oppure sono stato semplicemente più fortunato dell'anno scorso nelle mie scelte.
non sono riuscito a vedere tutto ciò che avrei voluto ma non mi posso nemmeno lamentare, del resto sono sempre riuscito a entrare alle proiezioni, complice anche un evidente (lo dico come colpo d'occhio senza avere alcuna statistica o dato ufficiale) calo degli spettatori. 
E come tutti gli anni, in prossimità del Toronto Film Festival, un buon 50% (forse anche di più) dei giornalisti e professionisti vari lascia il Lido con i suoi formicolanti turisti indemoniati alla ricerca di uno sguardo, anche brevissimo, di Scarlet Johansson per andare oltreoceano.

Non che anche stavola non si siano viste delle ciofeche rare, ma per quello che mi riguarda restano un numero accettabile, tutto sommato. 
dividerò i prossimi post in 
1) RUMORS: suggerimenti vari di persone che conosco e di cui mi fido (per la croncaca: quelle di cui mi fido davvero sui film sono due o tre circa. al mondo intendo).
2) INDIFFERENZA O SIMILI: film che mi hanno lasciato totalmente indifferente, mediamente indifferente o che non mi sono sembrati particolarmente belli.
3) VORREI MA NON POSSO: film brutti e tendenzialmente pretenziosi
4) VALE LA PENA: film che mi sono piaciuti e che vorrei il pubblico vedesse

parto nel dire che avrei tanto voluto vedere DIE ANDERE HEIMAT (230' - fuori concorso) ma che le tempistiche me l'hanno impedito. Se dovesse uscire al cinema sono certo valga la pena vederlo. Se dovesse uscire in dvd ne consiglio la visione, magari anticipata dalle altre 3 serie. 
Ecco ora che ho detto la mia cosa nerd posso passare al resto. 





giovedì 9 maggio 2013

Storie di maniaci e (presunti) casinisti al cinema - Marco Verdura e Osbourne Cox



CINEMA E FUSTAGNO
Il mio primo anno di liceo ci fu una settimana di "autogestione", in cui gli studenti più volenterosi proponevano attività culturali al resto della scuola.
Mi ricordo che un ragazzo aveva organizzato il cineforum. Aveva preso la cosa molto sul serio, invece di un televisore si era procurato un proiettore e con dello scotch nero aveva rattoppato i buchi delle persiane così che il buio "in sala" fosse totale. E in questo buio totale ci spiegava come lui ci teneva tantissimo a farci vedere Satyricon di Fellini, che era un film capitale. Un film difficilissimo, aggiungeva, che richiedeva la massima concentrazione. Noi ci concentravamo, quello era un liceo classico e in quella stanza eravamo un po' tutti intellettuali bonsai, vestiti di velluto e fustagno. Tutti tranne un ragazzo e una ragazza che si erano imbucati in quell'aula per baciarsi e ridere e farsi i fatti loro. Ma quando a un certo punto delle loro evoluzioni fecero cadere, con gran baccano, un casco di motorino appoggiato su un banco, il ragazzo cinefilo si alzò di scatto, accese la luce e disse - "fuori" -  indicando dietro di loro. "Io?" gli chiesi timidamente, e volevo aggiungere, "Io che sono vestito come un piccolo Godard?". E lui: "sìsì, tu là in fondo, basta fare casino".
Non l'ho mai più visto Satyricon. Ma se al cinema sentite qualcuno che fa casino, giuro, non sono io.
Marco Verdura,
Italia


Al cinema Anteo di Milano esiste una rassegna di film in lingua originale. Il mio ricordo, però, si riferisce a quando la sala era unica (e non 100 - 200 - 300 come adesso), ovviamente il biglietto non aveva il posto numerato ed allo spettacolo delle 17,20 (mi sembra, non 17,40 come ora) gli spettatori erano pochi. La strategia era rodata: scegliere il posto corridoio e su quello accanto impilare borsa, cappotto (se di stagione) e quant'altro per tenerlo occupato. Questo perché il più delle volte, a spettacolo cominciato, succedeva. Con la coda dell'occhio vedevo un tipo appropinquarsi e sedersi - a sala praticamente vuota - accanto. A quel punto l'attenzione, che prima era rivolta a cercare di comprendere cosa dicessero nella lingua della perfida Albione, era rivolta a cercare di comprendere le intenzioni del vicino. Non ho mai capito se fossero maniaci acculturati o di madrelingua inglese.
Italia

martedì 30 aprile 2013

Al cinema d'animazione! Osbourne Cox e Elisa Pagliarani



Al cinema da soli (potrebbe anche diventare il titolo di un blog). Non nel senso di non accompagnati, ma nel senso di essere gli unici spettatori. A vedere Dumbo al cinema parrocchiale Belvedere di Vercelli, un sabato sera di tardo autunno di parecchi anni fa. Io avevo già sui 27 anni, in compagnia di quello di oggi é mio marito. Noi due soli. Nonostante l'età non avevo mai visto il film. Penso di averpianto tutte le lacrime della mia vita. Un film bellissimo.

Osbourne Cox, spettatrice del cineforum di rho
Italia


Erano le vacanze di Natale e io e il mio ragazzo decidiamo di andare a vederci un film. La scelta non era particolarmente vasta, o meglio, esclusi i film di De Sica, Boldi e simili, non rimanevano molte altre opzioni. Essendo particolarmente appassionata di cartoni animati, propongo (impongo) di andare a vedere Le 5 leggende. Scegliere film/cartoni è sempre molto rischioso, per cui prima di decidere preferisco guardarmi i trailer e leggere un po’ di recensioni in internet; così ho fatto nel caso in questione e dopo una piccola (e forse troppo poco approfondita) ricerca mi convinco che sia la scelta migliore: il film mi sembra costruito sulla falsa riga di Shrek e quindi sufficientemente divertente e piacevole anche per un pubblico ormai cresciutello.
Passo a comprare io biglietti nel pomeriggio, sicura così di avere dei buoni posti centrali; la sera ceniamo e poi ci dirigiamo al cinema. Avendo lui offerto la cena, insisto per non farmi pagare i biglietti.
Andiamo dunque, non con poche riserve da parte di lui, al cinema. Appena entrati in sala mi rendo conto che la situazione è critica: l’età media dei presenti è di circa 20-25 anni (questo considerando però nel calcolo anche i genitori accompagnatori). L’innumerevole quantità di sedili rialzanti che si trovano solitamente accatastati all’ingresso della sala sono tragicamente tutti disposti su tre quarti dei sedili per permettere a quei piccoli demoni di arrivare, almeno col naso, all’altezza del sedile davanti. I miei fantastici biglietti centrali ci fanno sedere esattamente in mezzo a questa concentrazione di bambini strillanti ricoperti di popcorn. Il film sta per cominciare e ancora non ho avuto il coraggio di girarmi verso il mio ragazzo che, nel frattempo, non aveva ancora detto nulla; comincio a sentirmi profondamente in colpa e ringrazio il momento in cui (forse spinta da una qualche sorta di potere premonitore) mi sono imposta di offrire io i biglietti del cinema.
Non sto qui a raccontarvi quanto il film sia stato un vero e proprio supplizio; non soffrivo così tanto
da La passione di Cristo, film in latino e aramaico sottotitolato della durata di 2 ore e mezza di cui 90 minuti solo di flagellazione. Fortunatamente il mio sventurato accompagnatore si è addormentato per un bel pezzo di film risparmiandosi quell’iniezione nauseante di diabete che, anche da bambina, mi avrebbe lasciata al quanto disgustata.
Usciamo dal cinema e comincia a crescere in me il timore che decida di lasciarmi lì obbligandomi a tornare a casa a piedi (come biasimarlo). Fortunatamente, dopo tanti sorrisi e qualche mea culpa, riesco a limitare la sua reazione ad un “te il film non lo sceglierai MAI piú!”. A marzo l’ho trascinato a vedere Il mago di OZ

Elisa Pagliarani,
Italia



lunedì 29 aprile 2013

Al cinema! Annalisa Feola e Živilė Einikytė

 Chissà perché ora che mi trovo a pensare ai film visti di recente la mia memoria a breve termine è totalmente azzerata. I ricordi vividi e un po' più memorabili sono quelli che mi proiettano indietro di anni, a quando ero piccola e ogni spettacolo al cinema mi sembrava una piccola avventura. Non muoio dalla voglia di sfoggiare titoloni come Jurassic Park oppure Nightmare, ma si sa che le prime volte sono sempre quelle un po' speciali che, chissà perché, non si dimenticano piú. E quindi, se devo raccontare di "quella volta al cinema quando...." mi ritrovo più o meno a 10 anni, in estate in campeggio, a lottare con i miei genitori per poter andare con le amiche a vedere un film "da grandi". Mi ritrovo al buio in una stanza (stiam pur sempre parlando del cinema di un campeggio) trepidante per l'attesa dell'inizio del film. Mi ritrovo con la mano davanti agli occhi forse alla seconda scena, non appena sullo schermo sono comparse le unghie affilate di Nightmare... eeee .... sì, alla scena successiva, o poco dopo, mi ritrovo fuori dal cinema insieme a tutte le altre!
Insomma...il mio ricordo più vivo di un'esperienza al cinema riguarda un film neppure visto...ma è stato bello così, ci siamo sentite grandi per qualche minuto ... per poi essere riportate alla nostra realtà di bambine fifone! ... Dai, meno male che qualche tempo dopo con Jurassic Park è andata meglio e sono riuscita a resistere fino alla fine...

Annalisa Feola, designer e blogger Chez moi à Bordeaux
Italia (temporaneamente Francia)



Una delle mie proiezioni più memorabili è avvenuta nel 2009, a luglio. C'era il festival di Thomas Mann a Nida, una bellissima località turistica lituana. Una sezione del festival comprende alcune proiezioni che hanno luogo di fianco al faro, su una collina circondata da alberi.
Era un film tragicomico, Summer in Berlin, ed era sera. Ciò che mi è rimasto nei ricordi -l'atmosfera creata dal film era incredibile- è la gente seduta sul prato, il buonumore condiviso: le risate e i sorrisi insieme. La miscela dell'atmosfera del film con l'essere-in-un-cinema-all'aperto ha creato un momento unico che ci ha incoraggiato ad avere più eventi estivi in Lituania, attimi che possano riunire persone solo per rilassarsi, godersi un bel film e creare ricordi.

Živilė Einikytė, Vice President for Out Going Exchange and Communication in AIESEC Lithuania
Lituania



original english text
My one of the most memorable screening experience was in 2009, July. It was Thomas Mann festival in Nida, beautiful Lithuania resort. Part of the festival program is screenings, which are made near the lighthouse, in the hill which is surrounded by trees. And there was a tragicomic movie, Summer in Berlin, which was shown in the evening.  What stayed in my mind from the screening - the atmosphere created the movie was amazing- people sitting on the grass, sharing good mood, smiles and laughing together. Movie atmosphere and ‘open theatre’ surrounding created incredible moment which only encourages to have more summer events in Lithuania which gather people to relax, enjoy good movie and create moments.

Živilė Einikytė, Vice President for Out Going Exchange and Communication in AIESEC Lithuania
Lithuania


martedì 23 aprile 2013

Al cinema (altro che 3d)! Paola Corti



Parigi autunno 1991, credo.
Un pomeriggio decido di andare al cinema. Nonostante la mia scarsa capacità di comprendere ogni altra lingua rispetto all'italiano. Mi dirigo verso i Campi Elisi. Guardo affascinata i cartelloni pubblicitari in rilievo dei cinema. Poi ne scorgo uno più piccolo, in programma The Mahabharata di Peter Brook. Non l'ho ancora visto. Non ricordo se perché in Italia non è ancora uscito o perché non sono andata a vedermelo. Comunque decido di entrare.
Alla cassa due arzille signore, sui settanta l'una, coetanea l'altra. Il biglietto fuoriesce come per magia, accompagnato da un sorriso, da una fessura sul bancone. E' un rettangolino di cartone pastello come quelli che si usavano sui tram. La signora alla cassa me lo da, l'altra si alza e mi accompagna in sala. Non parlo (non so farlo), ma sorrido grata e un pochino commossa. La sala è piccola tutta di legno, le parete, le sedie, il pavimento con un pochino di rosso qua e là (o perlomeno così me la ricordo). Mi siedo un po' in fondo, la signora si ferma a chiacchierare col signore seduto due fila più in là. Le luci si spengono. Inizia il film. Tre ore e passa di cinema che sa di passione antica. All'intervallo la signora rientra, richiacchiera con alcuni spettatori, come fossero amici cari. L'altra la immagino, intanto intenta in cabina a cambiar la bobina. Mi trovo a pensare che bello se non morissero mai, queste signore e questo cinema. Forse è per questo che a distanza di tanto tempo, mi ritrovo ancora a fare la cassa d'inverno e d'estate in cinema che spero assomiglino, anche solo un pochino, a quello.

Paola corti, esercente barz and hippo
Italia

Un cinema che fa acqua da tutte le parti (nel senso buono) Roberta Tocchio e Valentina Franceschini




Avevo solo 11 anni quando uscì Titanic e sinceramente di Di Caprio non me ne poteva fregare di meno. Ma tutte le mie amiche erano pazze di lui e così a vedere il film ci andai anche io. Al cinema d'estate che facevano all'epoca in un cortile di Rho. Il film, c'è da ammetterlo, è ricco di pathos e dopo aver penato a lungo per Jack e Rose, finalmente i due si dichiarano tutto il loro amore. Ma poi arriva l'iceberg e la storia la conosciamo tutti. La nave inizia ad allagarsi piano piano e insieme ad essa... inizia a piovere, sempre più forte a mano a mano che le scene di allagamenti si susseguono: altro che cinema 3D!

Roberta Tocchio, blogger ricette culturali
Italia




La prima volta che sono andata al cinema da sola è stato per To Rome with love al cinema Giorgione, a Venezia. Volevo assolutamente vedere quel film, ma i miei amici erano tutti sotto esame e non riuscivo a schiodarli dalla biblioteca. Una sera mi sono convinta e sono entrata in sala. Faceva già caldo, e le finestre del cinema erano aperte. Fin dai trailer, dal campo accanto al cinema erano udibili distintamente le voci di alcuni bambini e di un gruppo di turisti americani che bevevano prosecco in un bacaro. Non ero affatto infastidita dai rumori che provenivano dall’esterno, anzi, trovavo che si integrassero perfettamente con il film. Mentre nella pellicola si susseguivano tutti i cliché degli italiani nella capitale, sotto la finestra della sala alcuni turisti stavano sperimentando una tipica esperienza del belpaese: vino, crostini col pomodoro, gondolieri cantanti.
Ero talmente immersa in una serie di pensieri pittoreschi sulla Serenissima da non rendermi conto che improvvisamente dal campo non proveniva più alcun rumore. 
Alla fine della proiezione ho sorriso come di rito agli altri spettatori (Venezia è sempre un paese), e sono uscita sognante dal cinema. Nel mio delirio romantico non mi ero resa conto che la laguna aveva invaso le calli e che ero immersa nell’acqua fino ai polpacci, ovviamente munita solo di un paio di ballerine. Ecco spiegato il silenzio fuori dalla sala. Venezia aveva reso unica quella proiezione, e probabilmente è stato il motivo per cui il film mi è piaciuto così tanto, al contrario dei miei amici. E chissà quei turisti americani quanto avranno trovato “so italian” i veneziani che, bestemmiando, erano corsi a barricarsi in casa.

Valentina Franceschini,
Italia



lunedì 22 aprile 2013

(L'intervallo) Al cinema! Valentina Ronzoni e Paola Corti



Era il periodo di Natale ed ero in vacanza in montagna con la mia famiglia, potevo avere la metà degli anni che ho ora; quella sera avevamo deciso di andare al cinema perché davano l’ultimo film di Benigni, da poco nelle sale.
La vita è bella non è certo un film di quelli che si dimenticano, e fin qui ok. Ma la ragione per cui quella proiezione non la scorderò è abbastanza strana.  Il primo tempo è stato l’incubazione di una pipì furibonda, che ha cominciato a manifestare i suoi primi sintomi verso l’intervallo –momento che sarebbe stato perfetto per disfarsi del fastidioso stimolo sul nascere se io non avessi scelto di cedere alla pigrizia, alimentata dall’ingannevole vaghezza di quella sensazione-.  Trascorso il benedetto intervallo vegetando nella poltroncina di velluto, ho cominciato a sentire i primi segni di disagio a secondo tempo iniziato e la cosa si è fatta via via più impellente: nonostante avessi ben individuato il segnale luminoso ad indicazione dei bagni, non riuscivo nemmeno a prendere in considerazione l’idea di alzarmi nel bel mezzo della proiezione, costringendo buona parte dei miei compagni di fila a contorsioni varie ed il resto degli spettatori nelle file dietro ad evitare con lo suardo la mia figura che attraversava lo schermo. Troppo, troppo timida. Anche se il fastidio si era ormai trasformato in vero dolore, la vergogna e l’imbarazzo di diventare la protagonista del film per qualche secondo mi incollavano alla poltroncina come fosse un wc; sudavo ed avevo delle specie di crampi in tutta la pancia, ma tenevo duro cercando di concentrarmi il più possibile sul film, pregando che ogni scena fosse l’ultima. Fin quando l’ultima è arrivata davvero, ed io sono stata una molla. A rotta di collo verso il segnale luminoso, e poi la libertà.
Inutile dire che da allora faccio sempre pipì prima di andare al cinema, e che La vita è bella ho dovuto rivederlo.

Valentina Ronzoni, architetto
Italia




Diciotto anni o giù di lì. Uno dei miei primi turni come maschera al cinema Capitol di Vimercate (erano ancora i tempi in cui in una monosala di provincia il sabato e la domenica la maschera era necessaria). Entro in sala anch'io e rivedo, non so per quale volta, La mia africa: non che mi piaccia, ma l'alternativa è la noia nell'atrio. La Streep è in Africa. A un certo punto, non si sa bene come e perchè, scende da un aereo “guarita” dalla sifilide. Un dubbio atroce mi assale: “ma prima non doveva prenderla la sifilide? Io mi ricordo che anche l'ultima volta l'aveva presa la sifilide. Perché oggi non ha preso la sifilide?”. Esco e trovo seduto nell'atrio, distrutto con le mani nei capelli, Mauro, l'operatore. “Come mai non ha preso la sifilide?” “Il film è su quattro bobine: ho messo la I del II tempo anzichè la II del I. E ormai siamo quasi a metà, non posso fermare e tornare indietro. Non ci stiamo coi tempi.” Breve consultazione e decidiamo di fare l'intervallo poco dopo, cercando di rispettare la regola che il econdo tempo è un filino più corto del primo e di far finta di niente. Solo uno spettatore, su ottanta e passa presenti in sala all'uscita, ci chiede come mai sui giornali c'è scritto che il film durava quasi tre ore quando invece sono poco più di due. Noi imbarazzati, certi che nessun altro ci senta, gli spieghiamo l'accaduto e gli rimborsiamo il biglietto.

Paola Corti, esercente cinematografico barz and hippo
Italia

venerdì 19 aprile 2013

Al cinema! sboccia l'amore (o quasi)


Autunno 1997 – Aveiro, Portogallo – ero lì in erasmus.
C’era solo un cinema in città, con una programmazione davvero brutta, in un orrendo centro commerciale… ma grazie al fantastico Cineclub organizzato dagli studenti dell’Università ho potuto vedere Angeli perduti di Wong Kar Wai. Beh, ci ho portato anche lui, che avevo conosciuto qualche giorno prima e mi sembrava una buona scusa per poterlo vedere di nuovo. Mi sono subito innamorata. Ci siamo sposati due anni dopo.
Anonimo, cinema manager
Francia


Aveva un anno meno di me ma era molto, molto più sveglia.
Dopo qualche pomeriggio passato insieme, con la solita Compagnia, a perder tempo sul muretto vicino alla parrocchia, avevamo deciso che sabato saremmo andati al cinema.
Mi aveva detto che era rivoluzionario, che la musica era super, che il mondo non sarebbe stato più lo stesso. Lei lo sapeva perché era quella la musica che le piaceva. Io non ascoltavo rock.
Ci siamo incontrati  fuori molto in anticipo, le ho pagato il biglietto, e ci siamo seduti al centro.
Abbiamo parlato, fino a quando è incominciato.
Ma non avevo che occhi per lei. 
Non ricordo neanche chi suonasse in quel momento ma ricordo, esattamente, che profumo avessero le sue labbra e la dolcezza che ho provato per la prima volta, baciandola.
Solo molti anni dopo, ho visto Woodstock.
Osvaldo Polimeno,
Italia


Pensandoci a posteriori, il primo film visto al cinema con un ragazzo mi ha sempre indicato se stavo prendendo la strada giusta.
Con uno, in compagnia con degli amici, vedemmo La leggenda di Beowulf: non proprio il miglior film di Zemeckis, non proprio il miglior accompagnatore.
Un altro lo portai a vedere Sfida senza regole: la coppia De Niro e Al Pacino mi sembrò una garanzia di riuscita e invece il film non decollò mai... tanto quanto la nostra storia!
La prova del nove? Il poetico Il mio vicino Totoro del maestro Miyazaki fu il primo film visto con il mio fidanzato (e l'anno prossimo marito). Dopo ben più di 200 film visti insieme tra cineforum e anteprime (tra cui anche un Oltre le colline versione originale in rumeno sottotitolata, se questo non è amore...) non posso che confermare il mio... sesto senso cinematografico!
Roberta Tocchio, blogger ricette culturali
Italia


Eravamo all'Odeon, il film era La ricerca della felicità, quello di Muccino, ora ripensandoci non sono molto fiera di essere andata al cinema a vederlo. Forse non l'avevo nemmeno scelto io film, ma il ragazzo che era con me, alla nostra prima uscita.
Già doveva farmi riflettere che avesse scelto Muccino come film da prima uscita.
Comunque mi ricordo una scena strappalacrime in cui Will Smith tiene il figlio piccolino in braccio mentre è in fila per chiedere da mangiare a una mensa per poveri, essendo lui ridotto sul lastrico per motivi che non mi ricordo. Beh insomma, scena commovente, mi guardo intorno e vedo un po' di persone con gli occhi lucidi.
Io resto impassibile, l'unica cosa a cui penso è che alla prima uscita il mio poco galante accompagnatore non c'ha proprio pensato a offrirmi l'entrata al cinema e anzi, gli ho dovuto prestare io dei soldi. 
Da allora il mio odio per Muccino è aumentato significativamente.
Costanza Clerici, spettatrice
Italia


original english text
Autumn 1997 - Aveiro, Portugal - I was an Erasmus student.
 There were only one cinema in town, with a very bad programming, in an ugly commercial center... But thanks to a fantastic Cine Club composed of students from the University, I saw in this cinema Fallen Angels of Wong Kar Wai. Well, I met "him" few days before but this screening was a good excuse to meet again, for real.  I felt immediatly in love! I married 2 years later... 
Anonimous, Cinema Manager
France

giovedì 18 aprile 2013

Al cinema! Italo Clerici e Paolo Bergonzi



Poteva essere un anno tra il 1970 e il 1973, a una proiezione pomeridiana con una decina di amici o assimilati, in un cinema di Milano di un film che non ricordo assolutamente ma che per il periodo storico poteva essere tipo Piccolo Grande Uomo, Soldato blu o Lo chiamavano Trinità.
Durante la proiezione nel secondo tempo, si sente un po' di agitazione nei posti dietro di me e molte sommesse risate; mi giro e vedo alcuni amici inginocchiati tra la fila di poltrone che, con gli accendini accesi, cercano qualche cosa. "Cosa succede?" chiedo; mi dicono: "Andrea ha perso l'occhio!". In effetti Andrea aveva un occhio di vetro (che credo abbia ancora anche se non ci siamo più visti), ma non pensavo che si potesse perdere.
La maschera chiamata per fare luce con la pila, diceva di fare silenzio, di non prenderlo in giro e sembrava alterarsi. I miei amici lo chiamavano agitati dicendo ripetutamente: "Vieni che Andrea ha perso l'occhio!", ma lui sembrava non volerci credere. Non posso dimenticare la sua espressione inorridita quando ha illuminato la faccia di Andrea che aveva un'orbita incavata e vuota; del resto anche la mia non doveva essere diversa dato che era la prima volta che la vedevo. Dopo un momento di smarrimento, la maschera si è messa a cercare per terra facendo luce e alla fine la sfera colorata mancante è stata recuperata qualche fila più avanti dopo che altri spettatori erano stati fatti alzare e restituita al proprietario.
All'accensione delle luci alla fine del film che era passato in secondo piano un po' per tutti gli spettatori della nostra zona, l'occhio era magicamente al suo posto e, seppure nell'atmosfera surreale che si era creata, il pomeriggio al cinema era stato uno dei più tragicamente divertenti.
Non so ancora adesso come si faccia a pulire un occhio di vetro e non voglio neanche sapere come aveva fatto Andrea a gestirlo così velocemente.   

Italo Clerici,
Italia


A mio padre il cinema piaceva un casino. Poco gli importava che io avessi cinque anni: al cinema Argentina davano rassegne di film fantascienza e dell’orrore e non si poteva proprio mancare.
Quella volta era di fantascienza, e all’ingresso gli avevano fanno un po’ di storie perché io ero troppo piccolo e il film era come al solito vietato ai minori di 14: io ne avevo meno di un terzo. Lui li aveva convinti ancora una volta: “io sono suo padre e garantisco io per lui”. C’erano le navicelle, volavano nello spazio, il papà mi spiegava ogni dieci minuti cosa stava succedendo, ma era tutto bellissimo: a un certo punto una camminava sul soffitto, una magia!  Era 2001: Odissea nello spazio.

Paolo Bergonzi, esercente cinematografico barz and hippo
Italia
 


Al cinema! Andreas Baumann e Alexander Graeff




Bene, la proiezione per me più emozionante l’ho vissuta nella primavera del 2000 con un film per bambini, un grande successo in Germania: i Pokemon. In quel momento ero il capo operatore di una sala cinematografica con 8 schermi a Waiblingen (TraumpalastWaiblingen).
Abbiamo pubblicizzato la proiezione speciale per i bambini in collaborazione con un grande negozio di elettronica. Il negozio ha distribuito buoni gratuiti per i bambini dei loro clienti.
Nei giorni prima della proiezione, i ragazzi si sono azzuffati pur di ottenere questo buono ... e così abbiamo dovuto ampliare il numero di proiezioni, e ogni proiezione era completamente gremita di... bambini!
Ero io il proiezionista di quel film. I bambini hanno atteso e quando ho spento le luci, la sala al gran completo con 270 bambini ha iniziato a gridare, applaudire e piangere ... I popcorn stavano volando su tutti i posti ed è stato uno scenario incredibile. E 'stato divertente osservare i bambini reagire in questo modo alla proiezione ... estremamente entusiasti.
Mi piacerebbe che cose come queste accadessero più spesso oggi... soprattutto per gli adulti.
Qualche volta gli adulti possono imparare molto dai bambini.

Andreas Baumann, Marketing Manager Lochmann Filmtheaterbetriebe
Germania




Una delle proiezioni più memorabili cui abbia assistito è stata quella di Bastardi senza gloria al cinema Max Linder a Parigi, il 19 agosto 2009. Non solo mi è piaciuto molto il film ma era anche la prima volta che sono andato al cinema durante la mia prima lunga permanenza a Parigi. Mi piace molto quel cinema, con i suoi interni neri, le pareti scure e le sedie che sembrano assorbire tutta la luce. Il cinema Max Linder ha un meraviglioso soppalco da cui si gode di una vista diretta sullo schermo. Tutto questo è successo prima della digitalizzazione, e così ho guardato una delle ultime belle proiezioni analogiche di questo cinema.

Alexander Graeff, spettatore / temporaneamente produttore
Germania






original english text
Well, my most impressive screening I had in the spring of the year 2000 with a kids movie and a huge trend in Germany called "Pokemon". At this time, I was a technical leader of a cinema hall with 8 screens in Waiblingen (Traumpalast Waiblingen).
We announced a screening for kids in cooperation with a big electronic store. The store made free vouchers for the kids of their customers for free. In the days before the screening, the kids struggled a lot to get such a voucher... we had to expand the number of screenings and every screening was
fully crowded with... kids! I was the guy, who projected the movie. The kids waited and when I turned of the lights, the complete screening room with 270 kids started to cheer and clap and cry... popcorn was flying all over the seats and it was an amazing scenery. It was funny to observe the kids, reacting on this way on a screening... extremely enthusiastic.
I would wish, that things like this would happen today more often... especially for adults. Sometimes, adults can learn a lot from the kids.
Andreas Baumann, Marketing Manager Lochmann Filmtheaterbetriebe

Germany

One of my memorable screenings was the screening of Inglourious Basterds at the cinema Max Linder in Paris, the 19th of August 2009. Not only that I liked the movie very much but it was also the first time I went to a movie theatre during my first long habitation in Paris. I really love the cinema with its black interior, dark walls and chairs that absorb all gratuitous light. Max Linder has a wonderful mezzanine from where you have an overwhelming direct view onto the screen. And it was before the digitization, thus I watched one of the last beautiful mechanical projections in this cinema.
Alexander Graeff, spectator / momentary producer
Germany




Al cinema! Tommaso Pitta e Chiara Agnello



 Mi ricordo che da piccolo sono andato a vedere Batman di Tim Burton solo con mio padre. Avevo 5 anni. Verso l'inizio c'è la scena di una riunione in cui Joker carbonizza tale Antoine con una stretta di mano: "Beh Antoine, nessuno vuole la guerra. Se non ci mettiamo d'accordo, una stretta di mano e finisce lì". Mi ha talmente terrorizzato che ho cercato rifugio sotto i sedili, e mio padre ha poi dovuto portarmi fuori dal cinema. Ma il film mi stava piacendo moltissimo.

Tommaso Pitta, regista
Italia (temporaneamente in Inghilterra)



Un pomeriggio di un sabato del 1982, io ero una bambina di 8 anni che insieme alla sua famiglia si recava al cinema per vedere il nuovo fenomeno... ET il nanetto extraterrestre che stava stregando grandi e piccoli di quel periodo. Il cinema strapieno costrinse mio padre a cercare tutti i posti per i 5 membri della mia famiglia e a me ne capitò uno lontano da tutti gli altri: STAI FERMA QUI, GUARDA IL FILM E APPENA SI ACCENDONO LE LUCI VENGO A RIPRENDERTI. Io molto perplessa, quasi impaurita, rimasi in silenzio seduta accanto a degli sconosciuti, guardando un film per la prima volta non a cartone animato. Ci volle poco per essere totalmente rapita dalla storia, da quei bambini attori, dalle biciclette che volavano, da quel buffo cumulo di pelle secca con due grandi occhioni e un dito illuminato. Seguii la trama appassionatamente senza più pensare a dove diavolo fosse finita la mia famiglia. Che mi ritrovò grazie alle mie urla di gioia e ai miei applausi quando la piantina con i fiori riprende vita (segnalando che ET è ancora vivo). E' stata la prima forte emozione al cinema. Ne sono seguite altre ma mai come quella primaria. Ancora oggi Spielberg rimane uno dei miei registi preferiti.

Chiara Agnello, casting director
Italia

mercoledì 17 aprile 2013

Al cinema! Evelin Stark

La mia esperienza cinematografica più memorabile è legata a quanto successo molti anni prima - il film che mi ha fatto capire la magia del cinema, Ardente Paciencia dell’autore e regista cileno Antonio Skármeta. Dove sono cresciuta non c'erano cinema in giro, e quindi la mia unica possibilità di vedere film era in TV. Un giorno facevo zapping e sono finita a guardare questa scena in cui il goffo postino del film di Skármeta cerca disperatamente di trovare una metafora per la bellezza della donna che sta ammirando, usando Pablo Neruda come suo suggeritore (sì: Il Postino si basa su questo pellicola!). Che bella storia - così semplice, così poetica, così magica!
Non avevo registrato il film, così ho comprato il libro con lo stesso titolo dello stesso autore, e l’ho letto più e più volte, ricordando ogni scena del film. 
Circa dieci anni dopo, ero una studentessa a Innsbruck, e facevo la volontaria al festival del cinema (lo stesso di cui oggi sono curatrice), e Antonio Skármeta in persona è venuto al festival per presentare Ardiente Paciencia all’interno di una retrospettiva! La prima occasione che mi si è presentata per vedere questo film dall’inizio è stato il momento in cui ho incontrato il suo creatore! Ho ancora la pelle d'oca nel ricordare questo momento! Ovviamente ero così entusiasta di vedere finalmente quel film sul grande schermo che non riuscivo a spiccicare una parola. Ma alla fine gli ho portato il libro e chiesto l'autografo. Lui mi ha guardato negli occhi e ha scritto: "Para Evelin: Los puntitos en los ojos - Maravillas que! El puntito Chileno, Antonio", ecco la mia metafora personale con l'uomo che mi ha svelato la poesia del cinema per la prima volta.
Evelin Stark, co-director Innsbruck International Film festival 
Austria


original english text
My most memorable cinema experience is related to many years before – the film that made me realise the magic of cinema, ARDIENTE PACIENCIA by Chilean author and director Antonio Skármeta. Where I grew up there was no cinema around, so my only chance to see films was on TV. One day I zapped through the channels and ended up on this scene of the clumsy postman in Skarmeta's film trying hard to find a metaphor for the beauty of the woman he admired, using Pablo Neruda as his advisor (yes, IL POSTINO is based on this film!). What a beautiful story – so simple, so poetic, so magical! I hadn't taped the film, so I bought the book with the same title by the same author and read it over and over remembering every scene from the film. About ten years later, I was a student in Innsbruck volunteering at the film festival (the one I am now working for as a curator), Antonio Skármeta himself came to the festival to present ARDIENTE PACIENCIA in a retrospective! My very first chance to see this film is the moment I meet its maker! I'm still getting goose bumps remembering this moment! Of course, I was so overwhelmed by finally seeing the film on the big screen, I could hardly say a thing. But I brought the book and asked for his autograph. He looked me in the eye and wrote: „Para Evelin: Los puntitos en los ojos – que maravillas! El puntito Chileno, Antonio,“ my own personal metaphor by the man who made me see the poetry of cinema for the first time.

Una raccolta globale di ricordi al cinema (la faccenda m'è un po' sfuggita di mano)

Il mio ultimo post nasceva con la rassegnata idea che nessuno avrebbe mai partecipato con i suoi ricordi alla mia proposta. Infatti nessuno (o quasi) ha commentato il mio post, in compenso ho ricevuto alcuni ricordi via mail. Allora, così, per avere racconti un po' più vari ho mandato una mail a 7 miei cari amici stranieri per chiedergliene uno a loro. Una di questi, Sylvie, s'è appassionata al progetto e ci siamo un po' galvanizzati a vicenda. Allora ho mandato la richiesta via mail ad amici italiani e non, e sono arrivati a pioggia ricordi di proiezioni da tutta Europa. Anche Sylvie ha iniziato a raccogliere ricordi di altri e l'idea è quella di crearne una raccolta. Lei li userà come microracconti da far leggere agli spettatori del cinema per cui lavora, a Parigi, ma vorremmo anche metterli online, un contenitore in divenire, aperto sempre a nuovi arrivati da qualsivoglia paese.

Ovviamente quando mi arriveranno i ricordi in inglese cercherò di tradurli, ma non essendo un traduttore farò molti sbagli, imprecisioni o semplicemente cambierò l'ordine delle parole o le sfumature della frase. Predicando da anni contro il doppiaggio non potrei razzolare male in questo caso: così sotto la mia traduzione riporterò in corsivo il testo originale. Stessa cosa farò traducendo i racconti italiani in inglese per passarli a Sylvie. Qualche volta l'autore vorrà restare anonimo e quindi metterò solo la provenienza geografica oppure, se indicato, uno pseudonimo.

I ricordi, a coppie di due, popoleranno i prossimi post. Per ora inizio qui di seguito con due spettatori del cineforum di rho.

1)
io mi ricordo di una volta in cui io e Bibi ci accomodiamo, arriva una signora cotonatissima e noi ci guardiamo, ci sentiamo furbe e ci sediamo altrove. senza accorgerci, sfortunatamente, che il tizio seduto di fronte a noi, oltre ad essere incommensurabilmente brutto, aveva i capelli più cotonati della signora. Abbiamo riso per 20 minuti, ovviamente perdendoci l'inizio del film.
Francesca Campini, avvocato
Italia

 2)
Avevo forse 22 anni e conosco un ragazzo. Usciamo ed andiamo al cinema. Probabilmente lui nutriva qualche interesse non propriamente cinematografico, io sicuramente no. Io uscivo per andare al cinema, l'Italia di Vercelli (oggi purtroppo chiuso). Lui oltretutto veniva da fuori. Ovviamente il titolo lo scelgo io, "Morte di un commesso viaggiatore". Penso mi abbia odiato. Siamo usciti ancora qualche volta, non al cinema, e poi più nulla. Il film non me lo ricordo neanche. Penso di aver dormito anche un po’. Come ricordo forse non è granché, ma tant'è.
Osbourne Cox, spettatrice del cineforum di rho
Italia

sabato 13 aprile 2013

Finalmente succede qualcosa! (ovvero storie di proiezioni)

Presentando Qualcosa nell'aria al cineforum, mi sono accorto di quanto la visione di un film sia soggettiva e allo stesso tempo fortemente influenzata dalla visione collettiva. Detto così sembra una marzullata bella e buona, lo ammetto. Mi spiego meglio.
Visto in un determinato momento (non dico personale, ma certo, anche quello conta non poco) e in una determinata proiezione/occasione, e insieme a diversi colleghi spettatori, un film può essere visto in modo molto (completamente a volte) diverso. Qualcosa nell'aria lo vidi a Venezia, venivo da tre film molto lenti (Leones, Boxing day e Tango libre: nessuno dei tre poi mai uscito in Italia che io sappia - nessun rimpianto) e mi era sembrato un film leggero, piacevole e con un gran ritmo. A rivederlo mi son dovuto un po' ricredere. C'è anche da dire che alla proiezione a Venezia avevo fatto amicizia con alcuni ragazzi mentre aspettavo in fila all'ingresso e avevo visto il film con loro, chiacchierando un po' nei punti morti (Ghezzi che dormiva come al solito seduto due file più avanti). Le sedie erano comodissime e non escludo di aver dormito a intermittenza. Possibilissimo.
Insomma questa banale riflessione era per provare a lanciare una raccolta di vostri racconti su proiezioni cui siete affezionati o che ricordate per qualche motivo divertente o, perché no, emotivo. Se non volete pubblicare commenti al post per motivi tecnici (in molti non sanno come si faccia e li capisco benissimo) o non volete apparire con il vostro nome potete inviarmeli -bastano anche due righe eh- a francesco.clerici@barzandhippo.com e li pubblicherò nei post seguenti in forma anonima.
Non sto parlando di ricordi legati al film, o non per forza. Semplicemente a proiezioni che per un motivo o per un altro vi sono rimaste impresse. Spesso anche un film molto brutto (direi anzi soprattutto) rimane indimenticabile per averlo visto in una sala piena che diventa una bolgia di sarcasmo.
Intanto ci provo io, dopo aver sfogliato un po' di ricordi. Lascio stare i film involotariamente comici ma che si prendono sul serio, tipo Flowers of war (di Zhang Yimou) o To the wonder (di Terrence Malick), perchè di proiezioni così, che finiscono in risate che alcuni vicini posso prendere in modo più o meno polemico, ce ne sono ad ogni festival e in ogni cinema (ps: e se invece sono d'accordo con voi è uno spasso perché si crea subito un'intimità di sguardi che solo al cinema di fronte a un'esperienza comune può nascere con quelle modalità). 
Scelgo le prime 3 proiezioni che ricordo, per questo o quell'altro motivo.

1) Luogo: Pola Film festival (proiezione all'aperto). Quando: due estati fa.
Per questa esperienza (in realtà a tutta questa estate cinematografica che è poi quella delle mie prime giurie) rimando, per chi volesse, a QUESTO LINK, che comprende anche ciò che sto per raccontare. 
Allora, premetto che gran parte del merito va al luogo: l’anfiteatro di Pola è il sesto più grande al mondo ed è il simbolo della città. Un piccolo (?) colosseo costruito sotto Augusto per ospitare combattimenti tra gladiatori. Oggi ospita le proiezioni all’aperto del Pola Film Festival (e numerosi altri concerti ed eventi). Cinema al posto di gladiatori. Luce al posto del sangue. La faccenda si fa troppo poetica quindi meglio ritornare alla cronaca. Lo schermo è lungo 18 metri e alto 9, il proiettore è un Barco 2k su sistema Doremi capace di proiettare sullo schermo a 76 metri di distanza con una potenza indicibile di Watt. Ok, traducendo: il proiettore è una bella bestia che getta fasci di luce così forti sullo schermo (gigante) che è stato necessario apporre delle barriere (4) per far sì che non sia possibile per il pubblico, nemmeno per sbaglio, guardare con gli occhi direttamente nella luce della lampada. Altrimenti si diventerebbe ciechi all’istante.




Alle ore 23.30 inizia Harry Potter e i doni della morte parte seconda. Filmone. Nessuno del nostro gruppo è un fan di Potter, ma la proiezione è talmente pazzesca che decidiamo di dargli una chance. Attorno a noi, nell’anfiteatro romano che ha visto i gladiatori e il loro più o meno poetico sangue, ci sono 9000 persone che ridono e applaudono a ogni scena d’amore, a ogni bacio, a ogni piccola vittoria o sconfitta del loro beniamino Harry. lo ripeto per motivi di pathos: 9000. Immaginatevi uno stadio di persone che pende dalle labbra di un protagonista. L’attenzione della gente, il loro trasporto, è palpabile e la proiezione è talmente incredibile da non poter staccare gli occhi dallo schermo. L’atmosfera attorno alle magie di Harry è cupa e ancora più cupa è quella che arriva dal mare, dietro i finestroni romani dell’anfiteatro. Tutte le previsioni danno pioggia. Il film è stato in forse fino all’ultimo, ma alla fine c'erano troppe persone per rimandare. I tuoni del dolby surround si mescolano con quelli che frustano il mare là dietro, ed è impossibile distinguere dove finiscano gli uni e inizino gli altri. Lo scrosciare incessante della pioggia si avvicina verso riva, e dalla riva verso la strada di fronte all’ingresso. Alcune famiglie iniziano ad aprire gli ombrelli. I cofani  delle macchine parcheggiate iniziano a far risuonare il tamburellio sempre più fitto della pioggia mentre Voldemort digrigna i denti (pochi e cariati) per intimorire il piccolo Harry. Ma la pioggia non riesce a varcare lo spazio circolare, le mura dell’arena. Il cielo lampeggia e gli risponde la potente luce della lampada del proiettore che vomita fasci bianchi sullo schermo ben fissato alla struttura di ferro (che sembra non sentire il vento che nel frattempo s'è alzato).  L’atmosfera gotica del film sembra invadere lo spazio fuori dai limiti del telo e va a coinvolgere il cielo sopra Pola. Le sedie non sono comodissime, i bambini verso le 2.00 a.m. accusano i primi segni di stanchezza, qualcuno di tanto in tanto urla a vanvera per riattizzare il fuoco della tensione (che va via calando). Ma la suspance del film è amplificata dal dubbio: pioverà anche sopra di noi? La risposta è no, ed è un evento che ha del soprannaturale. Potteriano, direi. Il film finisce in un modo tra il grottesco e il ridicolo, e fa contenti tutti. Sono le 2.15. Il cielo sembra essersi definitivamente rasserenato e la luna brilla in uno strappo blu con alcune stelle a farle compagnia. Le macchina bagnate e le pozzanghere attorno ai tombini restano ad abbaiare alla luna mentre la notte dei tre proiezionisti è appena cominciata: smontano la pellicola, provano gli obiettivi e i film in digitale del giorno dopo. La loro notte sembra iniziare dove finisce la nostra di spettatori.

2) potrei scegliere una delle tante proiezioni della barz and hippo, stando dalla parte di chi organizza e che poi vede il film insieme al pubblico, ma per motivi di location forse sceglierei quella che si può vedere in questo video qui di seguito. Così, anche perché avendone fatto il video, da pigro qual sono, risparmio sulle parole da usare. Il film era Delitto sotto il sole, il luogo Forte dei Marmi, l'anno il 2010.

 

Sarebbe bello che Paolo, Paola e Davide raccontassero le loro proiezioni preferite, perché ne hanno molte più di me da ricordare. Alcune sono mitologiche già nei loro racconti: tipo Napoleon di Abel Gance su 3 schermi affiancati (come era stato pensato in origine) con l'orchestra dal vivo alle giornate del cinema muto di Pordenone (se non ricordo male), oppure le numerose proiezioni di Titanic con la gente che si ammassa per rivedere il film per la sesta volta. E così via.


3) luogo: Cinema San Carlo (oggi chiuso), Milano. Avevo esattamente tredici anni.
Decidiamo di portare le ragazzine che stiamo broccolando al cinema. Ovviamente lo stereotipo vuole che il maschio macho proponga un film horror, così da far aggrappare la compagna stretta stretta. Io non ho mai portato nessuna al cinema ancora, a dire il vero non è nemmeno molto che ho dato il primo bacio, e sarà la terza o quarta volta che vado al cinema in tutta la mia vita. Il ritardo era una parte essenziale del mio carattere, già da allora. Insomma vada per Scream. Era il 1996. In sala non c'è quasi nessuno. Dopo 15 minuti il mio socio sta limonando la spasimata come se non ci fosse un domani. Io dopo 15 minuti sono preso da una paura esistenziale che quello dietro di me sia un assassino, uno di quelli un po' pervertiti che vuole uccidere le sue vittime al cinema in contrappunto a ciò che avviene lo schermo. Ha un respiro pesante e sembra grugnire. Un po' sono preso da 'sto film un po' dalla paura dietro, e quindi non posso vincere entrambe le tensioni emotive e in più battere anche la mia timidezza. Esco stressatissimo. Il tipo dietro di me è un signore effettivamente strano, ed è da solo al cinema, il che è comunemente risaputo essere prova già di per sé di pervesione indubbia (chissà cosa pensarebbe l'IO di quell'età di uno come me oggi!). Ma non era un assassino, forse era solo seccato per la bruttezza del film e, all'uscita, se ne va camminando in Corso Vercelli. Il mio amico continua imperterrito a roteare lingue a mulino, la mia amica (e tale rimarrà) finge che le sia piaciuto il film e io non vedo l'ora di tornare a casa. Non è un ricordo felicissimo ma è divertente, visto ora, ad anni di distanza. Sono stato indeciso per il terzo posto tra questo e Twister, visto in un piccolo cinema di Erba con mio papà e mio zio: credo sia stato il primo film che io abbia visto con mio papà al cinema.

In tutti i casi (forse tranne il 2), si può facilmente notare che si tratta di film dello spessore artistico-culturale di un romanzo Harmony. Nella storia più recente (ho inziato molto tardi -questo conferma il mio essere in ritardo già provato dalla visione di Scream-) a vedere film più "belli", e posso citare (dopo cotante ciofeche devo tentar di alzare un po' il livello): Miracolo a Le Havre visto in apertura del Sarajevo Film Festival con davanti a me André Wilms (l'attore principale) e dietro Wim Wenders, Faust visto a Venezia in una sala Darsena totalmente gremita nonostante la rottura del condizionatore a metà film, The girl with the hatbox nella sala 8 del CinemaXX alla Berlinale di un anno fa, con un pianoforte ad accompagnare dal vivo (di Gabriel Thibeaudeau). In ultimo citerei: People mountain people sea (che potete vedere in cinese sottotitolato in cinese QUI: so che non vedete l'ora), film molto lento -ma anche affascinante- visto a Venezia con il regista in sala e la sala che prende inspiegabilmente fuoco (in senso letterale: c'è stato un incendio) e alcuni del pubblico che dicono "ooh finalmente succede qualcosa!"

FINALE: a celebrazione della visione condivisa ecco un breve corto dei fratelli Dardenne



venerdì 29 marzo 2013

di Django Unchained e del piacere della visione condivisa

A vedere Django Unchained son venuti in tanti. Fedeli tesserati ma anche molti giovani che raramente si affacciano in quel del cineforum. Con qualche episodio degno di una piccola nota.

Un capogruppo ingellato con capelli-sindrome-El-Shaarawy (diciott'anni circa) mi chiede "In quale sala è?", forse ormai abituato ai grandi edifici dei multiplex: io non mi scompongo "Django Unchained è qui a sinistra, sala rossa", celando la realtà, ovvero che le altre stanze sono: un bar chiuso da almeno un anno, due bagni, uno sgabuzzino, un posto ritrovo della banca del tempo e un altro per altre attività sociali, l'ufficio di Cosimo, e una piccola sala conferenze ("la sala verde"). Insomma, diamoci un tono: ci sono la sala verde e la sala rossa.
Un altro ragazzo fa per entrare ma poi mi domanda "scusa ma m'han detto che qui c'è uno che parla prima, è vero?". Gli chiedo (stupidamente) in che senso "parla" prima. Lui intende presenta il film. Ovviamente ben mi guardo dal dirgli "sì stasera sono io quello che parla", ma confermo: il film è preceduto da 5, 10 minuti di introduzione. Lui sembra sollevato "Ah bella così vado a farmi un kebab prima, e anche se arrivo 10 minuti dopo fa niente". Sorride e fa per andarsene. Ci ripensa un secondo: "scusa ma poi, nel caso, posso entrare con il kebab?"
Una fedele spettatrice del cineforum mi domanda un po' spaventata "ma mi aspettano tre ore di bagno di sangue?": per prepararla al peggio -esagerando- le rispondo "sì!". All'uscita la stessa spettatrice, visibilmente toccata, mi dice: "Maccome bagni di sangue?!! è una bellissima storia d'amore!" segue romantico sospiro, Uuh... Sono d'accordo con lei, sia con il bagno di sangue sia con la storia d'amore e mi accorgo che lavorandoci, con Django, il mio punto di vista cambia.
Per la cronaca il ragazzino del kebab (che non mi ha visto presentare e non rimarrà al dibattito), uscendo, mi strizza l'occhiolino e approva "Figo oh 'sto film". Sono tentato di rispondergli "Bella", così, per approvazione reciproca.

La prima volta che l'ho visto non mi ha mica entusiasmato: la parte finale l'avevo trovata lunga e stiracchiata. Venti, trenta minuti di troppo in generale. Le apparizioni della bella (?) Broomhilda un po' stoppose. Il compiacimento autoreferenziale tarantiniano piuttosto altino, dalla ricerca dei personaggi "eccentrici a tutti i costi" alle scene videoclip con spruzzi di sangue che sembrano fatte apposta per non deludere i suoi fan. Ho profondamente odiato la canzone di Elisa-Morricone e la recitazione (?!!) di Franco Nero. Detto questo, mi ero divertito, ma non entusiasmato. 

Eppure alla fine dei tre giorni di presentazione, sarà per gli episodi come quelli raccontati prima, sarà per le risate in sala, o il sorriso di complicità degli spettatori all'uscita, o per l'aria di primavera (?!!!), e alla fine ho cambiato idea sul film. Non può non essermi piaciuto se, nascosto in sala (come fa spesso Tarantino per testare se il suo film funziona, poco dopo l'uscita), ho visto: signore sganasciarsi dalle risate -battendosi le mani sulle ginocchia- mentre Django spara a tutti nella casa di Candie, su questa musica qui


ragazzini di 10 anni esultare sull'esplosione finale mentre qualche fila più indietro tre persone (adulte), proprio di fronte a me, hanno tentato di frenare uno strano, irresistibile, impulso ad applaudire per il finale catartico che -è vero- è esattamente quello che si aspettavano, ma che non vedevano l'ora di sperimentare. 

ps. ciò detto, le più grandi soddisfazioni, da spettatore e da lavorante, a questo giro, mi sono state relagalate finora da La bicicletta verde.

giovedì 14 febbraio 2013

berlino giorno sette / minibudget production

Prince avalanche                                    sezione: in concorso
Remake americano di un già apprezzato film islandese. Una commedia inaspettatamente divertente, ben diretta e recitata, una produzione minibudget ma con tanto brio che ricorda come una buona ambientazione (un bosco dopo un incendio) e due personaggi ben sviluppati possano bastare a fare un buon film senza troppi fronzoli. Tra i miei preferiti: speriamo arrivi in Italia... intervista qui

An episode in the life of an iron picker   sezione: in competizione

Denis Tanovic, regista bosniaco già premio oscar (per No man's land), cambia completamente registro dopo Cirkus Columbia, girando con una troupe di 10 "amici" e una canon 5d un film di rigore documentario ambientato in una famiglia di rom (attori non professionisti bravissimi, in realtà più che recitare ricordano-ripetono quanto veramente é successo loro: un aborto pericoloso e difficoltá che ne conseguono per poter fare un'operazione di importanza vitale). L'audio in presa diretta é pessimo ma il film regge bene soprattutto in virtù del titolo che inquadra la vicenda come "un episodio" di una vita ai margini, senza esagerare nel dramma e descrivendo la vita di un "iron picker" che, per citare un bel film di Olmi, potremmo tradurlo con "recuperante". Girato in 18 ore, costo di produzione 17000 € (più o meno come una cena di miss Zeta-Jones - che per la cronaca spiccava per incapacità nel film di Soderbergh).

Computer chess                         sezione: forum

Uno spassoso inizio ci fa ben sperare lasciandoci delusi dopo solo 10 minuti. Girato in Texas con una vecchia cinepresa 16mm, il film é un'accozzaglia di gag malriuscite stile benny hill show versione indie, in bianco e nero. Il povero Deep blue si starà rigirando nella tomba con Kasparov. Alla fine il regista é in sala, e la prima domanda che gli viene rivolta mi trova d'accordo: "perché ci hai torturato per un'ora e mezza con un insieme di immagini girate male, in bianco e nero e fuori fuoco? Lo sa che é scientificamente provato che il fuori fuoco prolungato fa male agli occhi? Grazie". Il regista la butta sul ridere, il pubblico zoccolo-duro-indie lo segue, io no, e esco, sulla mia strada c'è una festa esclusiva della Match factory con i cast di Prince avalance e An episode in the life of an iron picker. Conosco e parlo due minuti con Emile Hirsch, classe 1985, famoso per into the wild: é simpatico, timido e sarà alto un metro e cinque. Poco dopo mi sbologna per andare a lumare una ragazza bosniaca non particolarmente bella ma particolarmente scosciata.
E così, su questa immagine seduttiva-gossipara, si chiude la mia berlinale 2013. Tra i pronostici:
Gloria è certamente il film di cui si è parlato meglio. Per miglior attrice si dice un gran bene di Child's Pose e dello stesso Gloria. Miglior attore quello di An Episode in the life of a iron picker. A sorpresa potrebbe strappare un premio anche Bruno Dumont con Camille Claudel 1915. Ma mancano ancora 3 giorni e non si sa mai....

martedì 12 febbraio 2013

berlino giorno sei / momento di stanca

Side effect  sezione: in competizione

Sceneggiatura, attori e personaggi fanno acqua da tutte le parti; più si avvicina il finale più si fa ridicolo il tutto. Qualche bella inquadratura non salva il risiltato. Per ora Soderbergh ha dichiarato che sarà il suo ultimo film. Vien da dire "speriamo".

Confession of a nazi spy     sezione: retrospettiva

Primo film antinazista americano, per la regia di Anatole Litvak. La produzione della pellicola riscontra molti pareri contrari perché in America c'erano tanto tanti tedeschi e la Germania era considerata ancora una nazione amica (1939): la motivazione principale è che "la carriera incredibile e la fenomenale abilità politica di Hitler sarebbe riduttivo considerarla e giudicarla in modo esclusivamente negativo" (tutto ciò citando lo storico che presenta il film).
Più interessante a livello storico che cinematografico.

La stanchezza si fa sentire, gli occhi bruciano e decidiamo che per oggi può bastare così. Ho due appuntamenti di pseudolavoro e alla sera la festa della CICAE per cui per oggi basta così!

lunedì 11 febbraio 2013

berlino giorno cinque / con qualche pronostico

Before midnight       sezione: special screening
Ottimi attori (Ethan Hawke e Julie Delpy) spesso lasciati a briglia sciolta senza interventi di montaggio. Ottimi i dialoghi (spontanei, serrati - scritti dagli attori) con momenti molto coinvolgenti e altri un po' pretenziosi, e un finale un po' troppo consolatorio. Una commedia romantica americana di Richard Linklater che chiude una trilogia (before sunrise, before sunset) interamente fondata su attori e dialoghi. Sarebbe (e lo sarà) ridicolo farla doppiare.

Pozitia copilului (child's pose)   sezione: competizione
Dramma rumeno incentrato su un intenso rapporto madre-figlio. Tutto nasce da un incidente automobilistico in cui lui (il figlio) uccide un bambino. Camera a mano che segue nervosa la madre, nessuna musica, attenta descrizione delle classi sociali. E' una proiezione di gala (evitano doppi sottotitoli qui) e mi viene dato un apparecchio per la traduzione (una sorta di persona che traduce tutto in inglese, come ancora oggi succede in russia e in molti paesi dell'est, uno che racconta tutto ciò che si dicono i personaggi): peccato che mi si scarichi l'aggeggio e quindi sono costretto a vedermi metà film in rumeno sottotitolato tedesco (é un film parlatissimo tra l'altro).
Pronostico mio e di Boris (che non sa il rumeno ma il tedesco sì - è di mamma tedesca e papà francese, e gestisce un cinema indipendente ad Amiens-) orso d'oro per la miglior attrice. Secondo lungometraggio di Calin Peter Netzer che conferma l'ottimo momento del cinema rumeno. trailer: 

Boris mi racconta anche che: 1) pare che Gloria sia piaciuto molto -anche se non l'ha visto lui-, e Jon confermerà, così anche la critica: per molti è il miglior film in concorso (e ovviamente l'ho perso) 2) in Francia si vendono 200 milioni di biglietti l'anno 3) si va a bere una birra, dice che lo tiene sveglio.

Komedie om geld  (1936)     sezione: retrospettiva
Film olandese del grande Max Ophuls, uno dei registi preferiti di Stanley Kubrick. Pellicola curiosa sul potere del denaro, con trovate registiche e narrative intetessanti che anticipano quelle del più famoso suo capolavoro La Ronde. trailer:

Yuyake Gumo (Farewell to dream - 1956)    sezione: forum retrospective Keisuke Kinoshita
É il primo film che vedo di K. Kinoshita, vicino a Ozu per tematiche e forma, poco conosciuto in Italia ma certamente in via di riscoperta. E' la storia semplice di un ragazzo figlio di un venditore di pesce e del suo passaggio all'età adulta. Film breve (78'), di una bellezza e leggerezza toccanti, tra tutte le scene va segnalata quella con il protagonista al parco giochi con le sorelle minori. Capita che piango un pochino, il film finisce, e tutta la mia fila, un po' vergognandosi ha gli occhi rossi. Il signore svedese vicino a me, visibilmente toccato, mi sorride, e in quel momento mi viene da pensare che i film vanno visti sempre in sala, sempre al cinema, sempre con un signore svedese emotivo al proprio fianco. Violini in sottofondo. Il patetismo è finito. buonanotte.