pronti, via.
arrivo alle 14.20, il tempo di conoscere tutti, testare la temperatura lituana (dieci gradi con sole gradevole e vento tagliente), pranzare con le tipiche bulvinai blynai e sono in sala (purtroppo gran parte del festival è in un multiplex). è la mia seconda giuria dopo il sarajevo film festival dell'anno scorso (per chi volesse il resoconto-reportage di quell'occasione -le prime volte- è scaricabile qui in due parti / consiglio il pdf), ma non posso dire di essere a mio agio, anche se tutto sembra un po' meno fashion di sarajevo.
sezione documentari, Whore's Glory, austria-germania, 2011.
trittico sulla prostituzione: tra paesi, tre religioni, tre lingue, tre culture, tre modi di vedere e di essere una prostituta.
parte prima: thailandia. le prostitute pregano (di avere più clienti per quella giornata) prima di andare al lavoro, timbrano il cartellino, si preparano, prendono un cartoncino con un numero e lo mettono sul proprio vestito per poi andarsi a sedere in una vetrina che dà su un salotto dove i clienti si siedono e tra un drink e l'altro scelgono "di accedere per qualche ora alla bellezza".
parte seconda: bangladesh. cambia il luogo e con esso i canoni di bellezza, l'abbigliamento, l'arredamento. le donne del "quartiere" vengono disprezzate da fuori dagli stessi che le comprano dentro. (un scena bellissima: una donna arrotola un giornale, gli dà fuoco e "disinfetta" la stanza per poi passarla con cura anche sui vestiti che indossa).
parte terza: mexico. In un paesino dove si prega la dea morte (con tanto di tatuaggi, statuine più o meno grandi), donne di tutte le età appaiono come visioni alle porte della "zona". I papà portano i figli a perdere la verginità, di tanto i tanto i figli portano gli amici a presentare la persona cui l'hanno donata (con il papà che aspetta in macchina).
il documentario, che era stato presentato a venezia nella scorsa edizione, è incredibilmente potente sia a livello visivo sia per il contenuto (drammatico e inquietante). la parte in bangladesh da sola vale il film. se non fosse per una mezzora di troppo (dura due ore) e per l'orrenda scelta di musiche iperpatetiche onnipresenti sarebbe un capolavoro.
trailer

arrivo alle 14.20, il tempo di conoscere tutti, testare la temperatura lituana (dieci gradi con sole gradevole e vento tagliente), pranzare con le tipiche bulvinai blynai e sono in sala (purtroppo gran parte del festival è in un multiplex). è la mia seconda giuria dopo il sarajevo film festival dell'anno scorso (per chi volesse il resoconto-reportage di quell'occasione -le prime volte- è scaricabile qui in due parti / consiglio il pdf), ma non posso dire di essere a mio agio, anche se tutto sembra un po' meno fashion di sarajevo.
sezione documentari, Whore's Glory, austria-germania, 2011.
trittico sulla prostituzione: tra paesi, tre religioni, tre lingue, tre culture, tre modi di vedere e di essere una prostituta.
parte prima: thailandia. le prostitute pregano (di avere più clienti per quella giornata) prima di andare al lavoro, timbrano il cartellino, si preparano, prendono un cartoncino con un numero e lo mettono sul proprio vestito per poi andarsi a sedere in una vetrina che dà su un salotto dove i clienti si siedono e tra un drink e l'altro scelgono "di accedere per qualche ora alla bellezza".
parte seconda: bangladesh. cambia il luogo e con esso i canoni di bellezza, l'abbigliamento, l'arredamento. le donne del "quartiere" vengono disprezzate da fuori dagli stessi che le comprano dentro. (un scena bellissima: una donna arrotola un giornale, gli dà fuoco e "disinfetta" la stanza per poi passarla con cura anche sui vestiti che indossa).
parte terza: mexico. In un paesino dove si prega la dea morte (con tanto di tatuaggi, statuine più o meno grandi), donne di tutte le età appaiono come visioni alle porte della "zona". I papà portano i figli a perdere la verginità, di tanto i tanto i figli portano gli amici a presentare la persona cui l'hanno donata (con il papà che aspetta in macchina).
il documentario, che era stato presentato a venezia nella scorsa edizione, è incredibilmente potente sia a livello visivo sia per il contenuto (drammatico e inquietante). la parte in bangladesh da sola vale il film. se non fosse per una mezzora di troppo (dura due ore) e per l'orrenda scelta di musiche iperpatetiche onnipresenti sarebbe un capolavoro.
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