Treasure of The Bitch Island (Le trésor des îles chiennes)dir. F.J. Ossang / France, Portugal 1990 / 108’ / sezione immagini dalla fine del mondo. si tratta di un film post-apocalitticamente autoironico (forse non abbastanza) girato in un bel bianco e nero dalla densità quasi seppia (non so bene se vuol dire qualcosa la "densità seppia" ma mi vien da dire così): i primi 40 minuti sono divertenti, poi la faccenda si "fa un po' spessa" come direbbe il mio papà. ci sono 50 minuti di troppo che su 108' si fanno sentire, in una storia che narra della spedizione suicida di tale Ulisse (chiamato anche capitan Morte) e annessa allegra combriccola di strani individui. le location sono spesso memorabili (zone vulcaniche, paludi, posti così) e sono decisamente più importanti della scarsa azione, ridotta perlopiù a dialoghi senza senso, allucinazioni e deliri sotto effetto di droghe e di vapori emanati dall'isola. colonna sonora dal gruppo "postpunk" preferito dal regista: the Messageros Killers Boys. qui un esempio.
Holy Motors dir. Léos Carax / France 2012 / 110’
film metacinematografico ricco di scene molto belle e momenti di alto cinema. il rientro al cinema di léos carax (dopo 13 anni, di fatto) è all'insegna di un misterioso e affascinante omaggio al rapporto pubblico-attore-regista. si tratta di una storia difficile da raccontare, una sorta di cosmopolis (viaggio in lomousine) che si nutre di giochi di parti e maschere, con tanta dose di ironia e autoironia. l'attore abituale di carax, denis lavant, è mimeticamente strepitoso.
jon sostiene -e mi trova d'accordo- che spesso nel cinema e nei festival le dinamiche più importanti da conoscere siano legate al gossip, quindi la sera uscirò da solo -jon preferisce stare con la fidanzata che non sta tanto bene, forse prr il caldo- alla ricerca di informazioni. incontro un giornalista (alto massimo un metro e quaranta) dei cahiers du cinema (estremamente pretenzioso, in linea con la testata per cui lavora) che mi racconta perchè carax ha aspettato così tanto a fare un altro film. la storia è piuttosto drammatica, vi avviso: la moglie, una (pare) bellissima attrice estone (peraltro ex moglie del più celebrato regista lituano vivente: sarunas bartas) si è suicidata qualche anno fa gettandosi sotto un autobus, lasciando sprofondare carax in una crisi spirituale e lasciandogli un figlio da crescere. Holy motors, ed è a questo punto chiaro dal titolo, è anche un modo per riconciliarsi -mi dice- con il mondo dei "motori" e di ritornare al cinema. trailer di holy motors
Innocence Unprotected (Nevinost bez zaštite)dir. Dušan Makavejev / Yugoslavia 1968 / 78’
altro film della retrospettiva, altro film di Dušan Makavejev critico nei confronti del comunismo e del suo culto del corpo con conseguente insano narcisismo (vincitore del Berlin IFF 1968 – FIPRESCI Prize, Silver Berlin Bear). si tratta, come nel precedente film visto ieri, di un interessantissimo ibrido che mescola molti spezzoni del primo film parlato serbo con filmati di propaganda e materiale d'epoca (in alcuni casi davvero bello): il perno attorno cui gira il tutto è Dragoljub Aleksić, acrobata, atleta e sceneggiatore.
film intero qui
ebbene sì non resisto. alle 19.00 ri-vedo per la settima volta (la sesta al cinema, la terza in lingua originale) e diventa così il film che ho visto in assoluto più volte al cinema della mia vita: Le Havre dir. Aki Kaurismäki / Finland, France, Germany 2011 / 93’ / sezione stagione 2011/2012. regge alla grande anche la settima visione e rimane il mio film preferito della sua annata e il film per cui la gente mi prende più in giro...(per la cronaca: tutto esaurito e applausi finali)
alla sera vorrei vedere il quinto film della mia penultima giornata breslavia, ovvero Project Nim dir. James Marsh / USA, UK 2011 / 93’ ma faccio tardi a cena e mi riprometto di fare un po' di networking, e così verrò a sapere della storia di carax e di altri aneddoti di scarsa rilevanza.
ps per la cronaca parlo con 4 affermati critici polacchi,
hanno tra i 24 e i 26 anni (il che è inquietante), e una di loro s'è
laureata con tesi su guy muddin (quello di keyhole di ieri), che ha
anche intervistato più volte. keyhole ovviamente è il suo film
preferito dell'anno ma purtroppo non mi sa spiegare niente di più di
quello che avevo capito io, cioè poco niente. le sue motivazioni non
vanno al di là del "il suo bianco e nero è splendido" e del "ci sono
rimandi al cinema russo".
1 commento:
guy madden è una scoperta da fare, nonostante la sconcertante nullità critica della ragazza, chissà la sua tesi come potrebbe entusiasmarci...vedere questi ragazzi ventenni che scrivono sui giornali nazionali polacchi fa incazzare e fai bene a dirlo spesso...
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