lunedì 10 settembre 2012

la bella addormentata è buon cinema

ecco un altro film visto la settimana scorsa:

la bella addormentata di bellocchio, tiene la storia di eluana englaro sullo sfondo per intrecciare molti temi. ben scritto e ben fatto.

c'è un bel ritratto tragicomico dei politici italiani che ricorda un po' come moretti aveva trattato papa e cardinali in habemus papam. ma moretti rideva, sorrideva e si commuoveva, mentre bellocchio ghigna di un ghigno un po' triste, e purtroppo colpisce nel segno.

poi ci sono molte storie intrecciate, di diverso peso e colore, in cui diverse posizioni verso il valore della vita valgono ben più delle sterili chiacchiere di un governo prigioniero dei suoi giochi. persone che devono trovare un rimedio, non solo al coma, ma a dolori e sonni diversi.

l'intreccio funziona; unica pecca, la teatralità, che nei film di bellocchio è spesso una cifra ben spesa, mentre qui a volte stona, in qualche battuta recitata con troppa furia, in qualche tonalità grottesca troppo spinta.

in conclusione: promosso!

il ritorno del cavaliere oscuro è troppo chiaro

ringrazio francesco che ogni tanto rimpolpa il blog con le sue mini-recensioni, e mi stimola a fare lo stesso con qualcuno dei titoli visti di recente.
ecco i film visti la settimana scorsa, anche in previsione di possibili proiezioni al cineforum o nelle scuole.

partiamo dal film che ha fatto letteralmente il 'botto', ma c'è poco da ridere: si tratta di Il cavaliere oscuro - Il ritorno (The Dark Knight Rises), di Christopher Nolan, terzo episodio del "reboot", cioè della ripresa della saga batmaniana ad opera del regista britannico.

da batman e da nolan, si sa, quel che ci si può aspettare non è molto, ma sufficiente per passare una serata piacevole: atmosfere, suspense, inseguimenti e battaglie rocambolesche, effetti speciali vari, il piacere di fare voli mozzafiato tra i grattacieli di Gotham city restando saldamente ancorati alla propria poltroncina.

in effetti il film, più o meno, rispetta le aspettative. parte bene e pare confermare il livello della regia di nolan.

dopo un po', però, qualcosa s'inceppa.

nessuno si aspetta messaggi politici illuminati da un supereroe milionario e proprietario di una fabbrica di armi. e questo nonostante si verifichi che la sua personalità è tutt'altro che prevedibile, poiché si tratta di persona solitaria e ombrosa, che ama prendersi cura degli orfani e che ha uno strano debole per i ladri (fin da batman begins, dove il nostro rifiuta di passare attraverso un'iniziazione consistente nel far fuori un ladruncolo) di cui intuisce un movente comprensibile, come non morire di fame o anche farsi beffe dei ricchi sfondati magari un po' bavosi.

nessuno si aspetta alcuna parvenza di messaggio politico dal batman di nolan, anche se ci hanno abituati a riscontrarne di più o meno evidenti e chiari in molti film di supereroi.

infatti sarebbe stato molto meglio se non ce ne fossero stati, o se, essendocene, fossero stati molteplici e non univoci. invece, la storia del terrorista Bane porta a compimento quanto stava sottotraccia nei primi due episodi, facendo deflagrare una quantità di indicazioni monoliticamente reazionarie che non solo infastidiscono chi ha altre idee, ma rendono farraginosa e fredda la trama, che all'improvviso ci appare studiata a tavolino.

cade miseramente la teoria che era stata manifestata da qualcuno per il secondo episodio, e cioè che nel film vi sia
una serie infinita di sottotesti in grado di far ben presto polpette di ogni possibile manicheismo (Gianluigi Ceccarelli, ZabriskiePoint.net)
e si verifica invece in maniera piuttosto lampante la teoria dello scrittore Andrew Klavan, che sul Wall Street Journal definiva conservatore lo stesso episodio, paragonando Batman a Bush, poiché
come Bush, anche Batman deve oltrepassare i limiti dei diritti civili per superare un'emergenza

in sintesi, ecco il messaggio del terzo episodio:
è bene non sapere che harvey dent era un lestofante, pur di tenersi il sacro decreto emanato in sua memoria, che ha sospeso le libertà civili di chi commette un crimine eliminando la condizionale. non stupisce che una città in cui a tanta durezza corrisponde un grande benessere dei cittadini, molti dei quali finazieri stramiliardari, a qualcuno venga in mente di voler creare un movimento di "occupy wall street". così avviene.
ma il film ci spiega che chi occupa wall street è il male assoluto, un criminale provenuto da un non precisato carcere mediorientale, a capo di criminali, che guarda caso, una volta dismessa la tutina arancione, somigliano a dei guerriglieri cubani, hanno pure facce simpatiche, ma sfortunatamente per loro seguono slogan di sovietica memoria, e usano le armi in nome di una giustizia sociale che porta con sé lo spettro di un nuovo e ancor più crudele stalinismo, mentre i processi sommari cui vengono sottoposti i cittadini ricordano il 'terrore', la parte più rossa della rivoluzione francese.

il problema è che i riferimenti alla storia politica d'europa sono così scoperti e didascalici da non consentire a questo punto una lettura diversa da quella improvvisamente raffreddata di uno spettatore costretto a riconoscere in tutto quel che segue non un film d'azione mozzafiato ma il compimento di una tesi desolantemente chiara e semplice. altro che infinità di sottotesti.

conclusione: bocciato!




venerdì 7 settembre 2012

venezia / della mia ignoranza

succede che in un festival si imparino tante cose, si conoscano registi di cui non si è mai sentito parlare e si imparino ad apprezzare film che a prima vista erano sembrati piuttosto inutili. per esempio imparo che le attrici di spring break erano icone disney di high school musical, idoli di giovani teenager. questo fa del film di korine un film in un certo senso "iconoclasta": far vedere la brave-belle-buone reginette disney in veste droga-sesso-stupefacenti è comunque un'operazione interessante, certo, spring breakers rimane un film leggero e non tra i miei preferiti, ma questo mi ricorda -forse non c'era bisogno, lo so- di come la persona informata possa sempre trovare e capire più risvolti.
io sono assolutamente disinformato a questo festival, e me ne pento. anche se a volte, entrare in sala senza sapere assolutamente nulla di ciò che sta per iniziare, è un'esperienza molto interessante.
i miei limiti sono chiari alla proiezione di

la cinquieme saison
di peter brosens e jessica woodworth
in concorso
capitolo conclusivo di una trilogia di cui non ho colpevolmente visto nulla, comprendente khadak (ambientato in mongolia) e altipiano (in perù). questa storia di un villaggio delle ardenne è raccontata con apocalittica visionarietà: nel paese, perlopiù basato sull'agricoltura, la primavera non arriva più, la fertilità è scomparsa con il ciclo delle stagioni. onestamente credo di dover rivedere il film dopo i due capitoli prima, altrimenti, tolta una prima parte bellissima, il film mi sembra estremamente teatrale e pretenzioso. ma mi accorgo che c'è un buon 50% di possibilità -almeno!-che si tratti di un mio limite di conoscenza.

yema (mother)
di djamila sahraoui
orizzonti
film algerino fondato su pochi personaggi in mezzo un terreno fustigato dalla siccità. la regia e la fotografia sono molto interessanti, ma c'è un grave problema di credibilità degli attori, assolutamente implausibili sia come agricoltori (la protagonista-regista ha mani, capelli e volto da impostata e benestante attrice teatrale e quando zappa o semina sembra non aver mai visto in vita sua un contadino, cadendo nel grottesco) sia come estremisti islamici.

bellas mariposas
di salvatore mereu
orizzonti
storia di famiglie e amicizie nella periferia di cagliari. la protagonista, cate (bravissima la ragazza che la interpreta, come quasi tuto il cast), di tanto in tanto parla con la macchina da presa, rendendo il film quasi un diario, libero e registicamente molto interessante e godibile. casca nell'ultima mezzora, rimanendo però un film che vale la pena vedere, nonostante la parte, purtroppo importante ai fini della storia, di una micaela ramazzotti che centra come i famosi cavoli a merenda.

araf (somewhere in between)
di yesim ustaoglu
orizzonti
film davvero molto bello che perde più di un colpo sul finale ed è davvero un peccato. comunque da vedere.

san zi mei (three sisters)
di wang bing
orizzonti
due ore e trenta di documentario su una poverissima famiglia in un villaggio delle yunnan, in cina. la vita contadina si mescola ai giochi di tre piccolissime sorelline. interessante, con una dorografia splendida. strano inserirlo in orizzonti dove non ci sono altri documentari.

ammetto che sulla via per andare a vedere pieta di kim ki-duk alla videolibrary mi è venuto male e ho preferito prendermi un gelato e mangiarmelo in spiaggia...
credo capirete.




mercoledì 5 settembre 2012

venezia / altri due giorni intensi

secondo voci e critiche comparate dei giornali stranieri, the master di anderson e apres mai di assays sono i due favoriti al momento. è stato il figlio e paradise:faith che sono i miei preferiti seguono a ruota: il primo sembra non essere piaciuto all'estero, il secondo ha pareri molto contrastanti. come anche malick. tanja stamattina ha parlato con due giornalisti che sono sicuri che il leone d'oro andrà a pieta di kim ki-duk, che io non ho visto e che però sembra essere piaciuto sia a tanja sia ad altre persone di cui mi fido.
passiamo ad altri film, visti tra ieri e oggi.

l'intervallo
di leonardo di costanzo
orizzonti
primo lungometraggio di fiction di un collaboratore di garrone, la cui matrice è ben riconoscibile nello stile quasi documentaristico. 
la storia è semplice, un "intervallo", una parentesi, per due ragazzini che solo in questi attimi si ritrovano per quello che sono: un ragazzo di 17 anni e una ragazza di 15. 
prima e dopo questo arimo, sono solo ombre controllate dalla camorra. il film è al 90% concentrato sulla loro interazione all'interno di una casa abbandonata: lui ha ordine di controllare lei, che è lì come punizione per aver frequentato un ragazzo del clan nemico a quello del quartiere. intenso e coinvlgente, ottimamente girato, diretto e recitato. 

anton tut ryadom (anton's right there)
di lyubov arkus
fuori concorso, proiezioni speciali
toccante documentario su anton, un bambino autistico, le sue vicende famigliari e il suo lungo iter prima di potersi inserire in qualche modo nella vita, imparando infine a lavorare manualmente, ad avere qualche timida relazione sociale, a piangere. io ho imparato con lui, mi sa, visto che è il film in cui ho pianto di più: il tocco della regista non è interessato tanto alla forma ma è messo solo al servizio del contenuto, e tratta onestamente un tema difficile da gestire con grande rispetto e intensità. qualche minuto di troppo (due ore sono tante, e qualche scena conviviale si sarebbe forse potuta tagliare) non rovina comunque un documentario che partendo dalla storia di anton arriva a riflettere sul senso del cinema e del venire ripreso, lasciando un senso di solitudine esistenziale difficile da dimenticare. (ok, l'ho fatta fuori dal vaso forse con questa frase. ma il film si conclude con un tema scritto da anton sulla "gente" che ha più poesia in 1 riga di quanta non l'abbia la sceneggiatura di malick in 200 pagine di voce fuori campo...)

spring breakers
di harmony korine
in concorso
regista cult, autore di julien the donkey-boy e di mister lonely, harmony korine presenta qui in concorso quello che è di gran lunga il film più leggero (anche quello della bier sembra essere una commediola dai toni vivaci, a dire il vero). ben diretto, molto divertente, in almeno un'occasione quasi esilarnte, colori ultrapop tendenti al fluorescente. ci saranno in tutto il film 5 minuti senza musica, e almeno nei primi 50 minuti si ha la sensazione di assistere a un videoclip ben girato. ma un videoclip.

gaosu tamen, wo cheng baihe qu le (fly with the crane)
di li ruijun
orizzonti
proiezione delle 22.30 che non aiuta il ritmo lento e riflessivo di un film (ottimamente recitato) sul rapporto intergenerazionale tra un nonno e i suoi due nipoti. i colori ipersaturati (la pelle delle persone è praticamente rossa) rovinano una fotografia altrimenti ottima, supportata da una regia attenta, asciutta e curata.

la bella addormentata
di marco bellocchio
in concorso
la vicenda della englaro fa da sfondo a delle storie che ruotano attorno al concetto di diritto di scegliere se vivere o meno. la storia del politico (interpretato da un servillo che è lapalissiano dire "bravissimo anche qui", ma lo dico) è di gran lunga il capitolo migliore, con grandi intuizioni registiche. il resto è un po' meno incisivo e interessante. herlitzka e il suo personaggio, un dottore-psichiatra politico, vale da solo il prezzo del biglietto.

o gebo e a sombra
di manoel de oliveira
fuori concorso
104 anni per de oliveira, un regista che ha vissuto gli ultimi 80 anni di cinema, dal muto a oggi. il film è basato su una piece teatrale di quasi un secolo fa di raul brandao, e risente molto della matrice teatrale: il tutto avviene nel piccolo e povero salotto di una famiglia di bassa estrazione sociale. più dialoghi che movimenti di macchina (nessuno, le inquadrature sono sempre fisse), più recitazione che regia. michael lonsdale e jeanne moreau reggono alla grande i tempi dilatati e le lunghe inquadrature, claudia cardinale un po' meno. ma vederli tutti e tre assieme in un film fa un certo effetto.

ja tozhe hochu (me too)
di alexej balabanov
orizzonti
storia surreale on the road sulla via di una città abbandonata dopo un non meglio precisato disastro nucleare. umorismo russo, a tratti grottesco a tratti interessante (con un nonsoche di kaurismakiano). qualche inquadratura (location molto belle) è bellissima, ma in generale è un film che non convince su tutti i fronti.

stasera non vedrò film perchè è il compleanno di jon e ci prendiamo una pausa. domani ce ne aspettano 6 però. cercherò anche di vedere in videolibrary pieta di kim ki-duk per poter dare i miei pareri sul fresco favorito secondo le ultime voci.

martedì 4 settembre 2012

venezia / visioni

dunque, quando si vedono in media 5-6 film al giorno, succede che si ha l'impressione di non usare mai la propria immaginazione. si sognano solo film appena visti, o, come nel caso della nostra giurata tanja (direttrice del bellissimo pola film festival), si hanno terribili premonizioni sui film che si vedranno. jon, ancora una volta in giuria con me, mi dice che il suo subconscio è stato come bombardato dal napalm. io tendo a essere catatonico per buona parte del giorno.
non si ha troppa consapevolezza di che giorno sia, di che ora siano, di che stagione dell'anno.
e rileggendo il blog mi accorgo che scrivo in modo catatonico peraltro dimenticando anche qualche film che ho visto. recupero inserendo qui i due che avevo dimenticato, molto brevemente.

boxing day
di bernard rose
orizzonti
film low budget con manie di protagonismo del regista che firma anche riprese, montaggio, composizione e interpretazione colonna sonora, produzione, sceneggiatura non originale tratta da tolstoj. si potrebbe dare un premio per il soggetto a tolstoj, ma non credo il mondo ne senta l'esigenza... per il resto rose è un pessimo musicista, un pessimo operatore di camera, un anonimo montatore, ma un discreto regista. la storia è interessante e coinvolgente, supportata da due ottimi attori.per la cronaca: è la storia di un driver che porta in giro un compratore di immobili abbandonati fino a rimanere bloccati in macchina in mezzo al ghiaccio, di notte.

tango libre
frederic fonteyne
orizzonti
film eccentrico,"musical da galera" viene definito qui dai giornalisti stranieri. a parte qualche scena a suo modo ben riuscita (un tango in prigione) il film rimane nella sfera "curiosità di dubbio valore".

après mai
di olivier assayas
ammetto con vergogna che è il primo film di assayas che vedo. nonostante il tema (post adolescenza di un gruppo di ragazzi subito dopo il sessantotto), per usare un eufemismo, non mi affascini particolarmente, il film è piacevole e ben diretto. sarà distribuito in italia da ubu. e merita anche solo per la colonna sonora.

kapringen (a hijacking)
di tobias lindholm
orizzonti
film che più danese non si può: camera a mano, niente musica, attori molto bravi, film intenso e teso sulla storia di un equipaggio di una nave appartenente a una multinazionale danese che viene sequestrata da un gruppo di pirati a largo dell'oceano indiano. si avviano le trattative per il riscatto, mentre la camera si alterna tra i freddi ambienti della multinazionale e il puzzo e le tensioni del cuoco
Mikkel (protagonista - bravissimo e vagamente simile a un orson welles danese) all'interno della nave. il film è intenso, con un ottimo ritmo, ben girato e diretto. ma sembra uno di quei film che si scordano dopo un paio di giorni. vedremo.

campanadas a medianoche (falstaff)
di orson welles
retrospettive
sala piena per la versione restaurata di quello che per alcuni critici è il miglior film di orson welles.
il film è introdotto dal direttore del restauro e da un breve documentario che spiega l'iter prima di arrivare a questa versione (ne esistevano diverse, con varianti significative). è ovviamente un capolavoro, nonostante le difficoltà economiche e il protrarsi delle riprese e della produzione per diversi anni. parecchi sono gli aneddoti riguardo al film, ma purtroppo tra un'ora devo essere di nuovo in sala quindi mi riprometto di riportarli più avanti.

sennen no yuraku (the millenial rapture)
koji wakamatsu
orizzonti
il regista è cult, classe 1936. ammetto, ancora una volta, di non aver mai visto un suo film. e devo anche ammettere che questo qui non è il miglior biglietto da visita.  girato con una videocamera digitale non particolarmente all'avanguardia, con il bianco che perde il bilianciamento tra campo e controcampo all'interno della stessa scena... è un film piuttosto difficile da guardare e da digerire. è il film di cui ha avuto premonizione tanja: la notte rima si è svegliata da un incubo in cui noi tre avremmo dovuto vedere un film in cui le fotografie parlano e le donne parlano con i morti ("tipo uncle boonme", dice). jon quando il protagonista si presenta con una mantellina nera e un cappello a cilindro di fronte alla propria levatrice che sta parlando con le foto in bianco e nero che si animano decide di lasciare la sala. non è una scelta poco saggia, confesso.

menatek ha-maim (the cutoff man)
di idan hubel
orizzonti
film  israeliano breve e lentissimo sullo stato d'animo di un uomo che per vivere accetta di fare un lavoro scomodo: tagliare l'acqua a chi non paga la bolletta. in parallelo il figlio non vuole fare il militare ma è costretto. il film è ben diretto, ma non c'è alcuno sviluppo. è una descrizione di un senso di colpa del dover fare qualcosa che non si vorrebbe fare. sa molto di complesso di senso di colpa simbolico di una nazione. la sala è drammaticamente vuota (una cinquantina di persone).

mentre crollo a letto mi accorgo che non riesco a immaginare niente.
a domani




















lunedì 3 settembre 2012

venezia / una giornata che va così

malick continua ad animare le conversazioni dovunque, dividendo in due fazioni piuttosto nette.
mi sembra che comunque tutti, tranne due critici inglesi, concordino che to the wonder sia quantomeno inferiore a the tree of life. non sono riuscito però nelle discussioni a captare perché sia piaciuto, al di là dell'essere "una riflessione sull'amore e sul tradimento visivamente unica" (questa è la motivazione che di solito mi viene data). come spesso accade più si difende o si attacca un film più si finisce per avere la tendenza a perdere ciò che realmente si pensa del film per difendere le proprie convinzioni. così meglio passare agli altri film. 
io confermo la mia versione di ieri, con l'impressione che malick sia arrivato in un cul-de-sac manieristico.

leones
jazmin lopez
orizzonti
film insopportabile, inspiegabilmente selezionato nella sezione orizzonti. 
è la storia di un gruppo di ragazzi che si perdono nel bosco (alla Gerry di gus van sant, o così piacerebbe alla regista....) e parlano di pretenziosi argomenti filosofico-poetici (nelle note di regia spiccano citazioni di borges). 
la regista chiede con una lettera ufficiale al proiezionista della mostra del cinema di cambiare la luminosità di alcune parti durante la proiezione, regolando la lampada. questo tocco artistico-autoriale è la ciliegina sulla torta. più di metà sala se ne va. 
il momento più eccitante della proiezione avviene quando il signore dietro di noi starnutisce: il pubblico sopito dalla noia si anima, ride e lo applaude in segno di ringraziamento per aver dato un colpo di vita alla sala. ecco il bello del cinema.

outrage beyond
takeshi kitano
in concorso
godibile anche se convenzionale film yakuza, pseudo-seguito di Outrage: Kitano confeziona un film che si barcamena tra dialoghi (più o meno divertenti) e sparatorie poco coreografate. qua e là qualche dito mozzato in segno di pentimento, e cose così. se non fossero le 22.30 di una giornata ventosissima probabilmente me lo goderei di più.
in più i sottotitoli sono talmente bassi che dopo 40 minuti rinunciamo a leggerli: salviamo la cervicale ma perdiamo un buon 80% dell'intreccio. 

gossip
anche the master (di p.t. anderson) pare aver diviso in due pubblico e critica, ma purtroppo non riuscirò a vederlo perchè si sovrappone ai miei doveri di giurato. in più oggi finalmente mi vedrò campanadas a medianoche di orson welles: il mio senso di contemporaneo e di attesa per film-nuove-uscite è piuttosto basso, confesso. per welles sacrifico, senza troppi rimpianti a dire il vero, Pieta di kim ki-duk. 
le molte persone con cui parlo mi dicono di non aver visto granché di interessante d'altro.
ieri sera ho conosciuto una ragazza giovanissima (21 anni) che lavora come organizzatrice di alcuni festival a Tampere e nel cinema storico del padre: mi racconta che aki kaurismaki è un carissimo amico di famiglia, e mi riprometto di farle un terzo grado per raccogliere storie e aneddoti su di lui.












domenica 2 settembre 2012

venezia / speciale malick - o meglio: di come non mi sia piaciuto il nuovo film di malick

to the wonder
di terrence malick
in concorso
è un film in linea con the tree of life anche se più narrativo; credo sia abbastanza inutile raccontare la trama perchè è un film fatto soprattutto di sensazioni, immagini stupende (ancora una volta emmanuel lubezki direttore della fotografia), e voci fuori campo che raccontano gli stati d'animo dei personaggi in gioco. alla prima proiezione si mescolano applausi e "buuu", alla mia (la seconda) sono più gli applausi. tra questi anche quelli del signore inglese di fianco a me che ha dormito per 70minuti ma alla fine si è alzato in una standing ovation litigando con il ragazzo spagnolo di fronte che invece stava fischiando (e aveva riso diverse volte nel corso del film). mi spiace dirlo, ma se devo proprio schierarmi mi schiero con lo spagnolo, intanto perchè il film l'ha visto tutto, poi perché secondo me è un film molto manierista, con pochi contenuti e tante bellissime immagini, esteticamente impeccabili ma alla lunga stoppose, e non è esente da diversi momenti un po' troppo cliché (frasi tipo "la vita è sogno", "l'amore mi ama", o il lasciarsi cadere all'indietro confidando nella prontezza del compagno). non credo di aver mai visto tanti tramonti in un unico film. 
giuro: a un certo punto c'è romina mondello (ex non è la rai e bulli e pupe) nella parte -apparentemente importante per gli sviluppi della storia- di un'amica italiana che spiega come bisogna sorprendere la vita: un momento a mio avviso davvero imbarazzante.
ben affleck (lo salva il fatto di simboleggiare l'america) ha due espressioni: con e senza pullover. per fortuna parla poco. 

low tide
di roberto minervini
orizzonti
storia di un rapporto figlio-madre ribaltato, in un paesino del texas. 
daniel (daniel blanchard, è cliché dirlo ma è davvero "strepitoso") si occupa della casa mentre la giovane madre rasta, pur lavorando come donna delle pulizie in un ospedale, si preoccupa delle sue feste con annesse avventure sessuali. un film un po' alla dardenne, asciutto, molto intimo,  cucito addosso al giovane protagonista, seguito dentro e fuori dalla casa, nei campi texani, dove con semplice poesia viene descritto il suo rapporto e la sua passione per la natura e gli animali.

sabato 1 settembre 2012

venezia / primi 3 giorni


apro la mia quarta volta di fila alla mostra del cinema di venezia (la prima da giurato Cicae per la sezione orizzonti) con un film italiano. mi riprometto di essere molto sintetico, questa volta, nel parlare dei film. cercando ovviamente di non anticipare a chi daremo il premio.



gli equilibristi

di ivano di matteo

orizzonti

il pubblico in sala sembra essere interessato soprattutto alla prova -niente male- di mastandrea, attore principale di un film con poche idee e quasi nessuno sviluppo che piace a molti italiani ma che -giustamente- viene bollato dalla combriccola di amici stranieri come "fiction televisiva". è tra quelli in concorso per il nostro premio, quindi non vado oltre.



la città ideale
di luigi lo cascio
settimana della critica
piacevole sorpresa questo film insolito che segna l'esordio alla regia di lo cascio -anche ottimo attore principale-: divertente e coinvolgente, con un finale sospeso che ben si addice al viaggio kafkiano di un protagonista schiacciato dall'inverosimilità della sua versione all'interno dei meccanismi e delle burocrazie della legge.

pinocchio
di enzo d'alò
giornate degli autori
il film è anticipato da una serie di corti al femminile, sotto il nome di women's tales (prodotti all'interno del progetto MIU MIU da miuccia prada, sponsor delle giornate degli autori. si tratta di una markettona inguardabile e fastidiosamente e maschilisticamente etichettata come "sotto il segno della creatività femminile". l'unica prova almeno registicamente dignitosa è quella di lucrecia martel, per il resto si tratta di spot patinatissimamente inconcludenti e irritanti).
la storia di pinocchio è ovviamente proposta con tagli e selezioni: la prima parte è piuttosto lenta e non particolarmente originale, mentre la seconda è coinvolgente e a tratti ammaliante grazie anche agli splendidi disegni e a un'attenzione cromatica davvero formidabile. il paese dei balocchi che appare "dopo aver mangiato dei cioccolatini" è psichedelico e intrigante. bellissime le musiche dell'applaudito e rimpianto lucio dalla.

paradise: faith
di ulrich seidl
in concorso
secondo capitolo di seidl dopo paradise:love sull'analisi dei "paradisi morali" creati dall'uomo all'interno della sua realtà. questa volta tocca alla fede religiosa, vista nel film come totale e totalizzante: la protagonista ha con dio (o meglio con il crocifisso e con l'idea di dio) un rapporto univoco che coinvolge tutta la sua vita, anche quella fisico/sessuale (il film inizia con lei che si frusta di fronte a lui). è forse in realtà un film sulle "dipendenze", fisiche e psicologiche. la regia è asciutta e graffiante, molto "austriaca", con momenti di rara potenza e bellezza.
ovviamente ho sentito -ma ignorato per pigrizia, confesso- le relative immancabili polemiche.

bad 25
di spike lee
fuori concorso
mi chiedono "com'è il documentario di spike lee su michael jackson?"
rispondo "è un documentario di spike lee su michael jackson"
nel senso che è esattamente come ve lo aspettate. molto televisivo, con momenti divertenti, ovviamente consigliato ai fan di jackson, con qualche grosso sospetto che si tratti di uno spottone dell'album bad 25 di jackson (il cui poster è presente dietro tutte le persone intervistate). che  tuttavia non credo abbia bisogno di uno spottone viste le vendite. 
facilmente camuffabile come "atto d'amore di lee per jackson".

wadjda
di haifaa al mansour
orizzonti
storia semplice ma profonda di una bambina un po' più coraggiosa delle altre, il cui sogno è comprare una bicicletta in un posto dove in bici è sconveniente andarci, per una donna. "osa" sognare una bicicletta, dice qualcuno, giustamente, in sala. attraverso la storia di wadjda (bravissima la giovane protagonista -in sala davanti alla standing ovation non riesce a smettere di piangere), la regista descrive la situazione femminile in arabia saudita con grazia e leggerezza (e si tratta di un'opera prima). qualche cliché non intacca l'importanza di questo film: il primo interamente girato in arabia saudita e il primo lì girato da una regista donna. 

karumen kokyo ni kaeru (carmen comes home)
di keisuke kinoshita
retrospettive
primo film a colori giapponese (1951). al di là di questo, è un film molto statico, fatto di dialoghi e di relazioni tra persone conservatrici e ragazze spigliate. confesso che mi sono addormentato -non per colpa del film, credo-.

porcile
di pierpaolo pasolini
retrospettive
restaurato dalla cineteca di bologna con soldi della medusa, il film di pasolini è  pasolinianissimo. l'episodio ambientato ai piedi dell'etna è visivamente memorabile, il resto è secondo me è un po' troppo retorico e alcune parti faccio proprio fatica a digerirle (per esempio una coppia di amanti che dialoga in rima, mettendo spesso "trallalla" alla fine della propria battuta).

el sheita elli fat (winter of discontent)
di ibrahim el batout
orizzonti
sugli avvenimenti di piazza tahrir consiglio di guardare il bel documentario si stefano savona: tahrir 
il tema è lo stesso ma il modo in cui viene affrontato (chiramente sto confrontando un documentario con un film di finzione, quindi con le dovute differenze) è completamente diverso: è diretto, di pancia. qui il film di el batout si perde nella messa in scena facendo scemare l'attenzione per il tema. è un film lento e macchinoso. qualcuno in sala dice "tipico per la sezione orizzonti".
 
è stato il figlio
di daniele ciprì
in concorso
sicilianissimo esordio senza maresco per daniele ciprì. grottescamente divertente e piacevole, con una fotografia che è certamente la migliore vista finora e molto probabilmente una delle migliori del festival. molte scene sono memorabili e la prova "regia" passa ampiamente l'esame anche senza franco maresco.