martedì 18 ottobre 2011

questa settimana a Rho: Danis Tanovic e Cirkus Columbia

La guerra nella ex Yugoslavia continua a rappresentare una sorta di tabù cinematografico.

Più che raccontarla in modo diretto, se ne rappresenta il pre o il post, le si dà una forma come documentario o docu-fiction, la si mette al centro di una pellicola irreale, una sarabanda metaforica come Underground di Kusturica, o un film tragi-comico come No Man's Land, con cui lo stesso Tanovic esordì, si fece conoscere al mondo e vinse l'Oscar per il miglior film straniero. E Tanovic ha continuato a girarci intorno, alla guerra, la 'sua' guerra, che ha vissuto per i primi due anni, come cine-reporter al seguito dell'esercito serbo-bosniaco.

Dopo il primo film, ha diretto uno degli episodi di 11.'09."01, 11 settembre 2001, ed è tornato a occuparsi della guerra mettendone in scena le conseguenze (del conflitto turco-kurdo, n questo caso) in Triage, diretto dopo la parentesi non molto fortunata di L'enfer (un film basato su una sceneggiatura di Kieslowski). Cirkus Columbia rappresenta un ritorno a casa e un ritorno al ricordo dei momenti che precedettero l'esplosione del conflitto nella ex Yugoslavia. Anche in questo caso Tanovic preferisce mantenersi su un livello non realistico, sfoderando un senso di leggero umorismo che pervade il film.

Tutta questa leggerezza, però, l'andamento e i personaggi che sanno un po' di favola, finiscono per far sorgere un dubbio, che diviene quasi la sigla del film nel finale.
Che significato ha il paradosso? Di che cosa sa? Come può coesistere infatti la commedia sentimentale, la piccola vicenda privata che coinvolge due donne, tre uomini e un gatto, sullo sfondo di un remoto e ameno villaggetto, con la nozione sempre più presente di un tragico conflitto che sta per esplodere? E' davvero sereno il cielo nel quale si stanno per levare i fumi delle bombe? Cos'è allora, il film di Tanovic? Una grottesca presa in giro dei suoi futili personaggi? Una non troppo velata allusione alla miopia con cui le persone attente solo al proprio tornaconto producono un destino fatale per tutti? O un omaggio affettuoso a ciò che è stato perduto, ai tempi della convivenza fra le diverse etnie nello stesso Stato, unito al ricordo, che è anche un monito, dell'inconsapevolezza con cui quasi tutti, a quei tempi, si dirigevano verso il disastro più totale? E che cosa prevale, in quel finale? L'amore o la morte?
A voi la sentenza!

Nessun commento: