lunedì 10 settembre 2012

la bella addormentata è buon cinema

ecco un altro film visto la settimana scorsa:

la bella addormentata di bellocchio, tiene la storia di eluana englaro sullo sfondo per intrecciare molti temi. ben scritto e ben fatto.

c'è un bel ritratto tragicomico dei politici italiani che ricorda un po' come moretti aveva trattato papa e cardinali in habemus papam. ma moretti rideva, sorrideva e si commuoveva, mentre bellocchio ghigna di un ghigno un po' triste, e purtroppo colpisce nel segno.

poi ci sono molte storie intrecciate, di diverso peso e colore, in cui diverse posizioni verso il valore della vita valgono ben più delle sterili chiacchiere di un governo prigioniero dei suoi giochi. persone che devono trovare un rimedio, non solo al coma, ma a dolori e sonni diversi.

l'intreccio funziona; unica pecca, la teatralità, che nei film di bellocchio è spesso una cifra ben spesa, mentre qui a volte stona, in qualche battuta recitata con troppa furia, in qualche tonalità grottesca troppo spinta.

in conclusione: promosso!

il ritorno del cavaliere oscuro è troppo chiaro

ringrazio francesco che ogni tanto rimpolpa il blog con le sue mini-recensioni, e mi stimola a fare lo stesso con qualcuno dei titoli visti di recente.
ecco i film visti la settimana scorsa, anche in previsione di possibili proiezioni al cineforum o nelle scuole.

partiamo dal film che ha fatto letteralmente il 'botto', ma c'è poco da ridere: si tratta di Il cavaliere oscuro - Il ritorno (The Dark Knight Rises), di Christopher Nolan, terzo episodio del "reboot", cioè della ripresa della saga batmaniana ad opera del regista britannico.

da batman e da nolan, si sa, quel che ci si può aspettare non è molto, ma sufficiente per passare una serata piacevole: atmosfere, suspense, inseguimenti e battaglie rocambolesche, effetti speciali vari, il piacere di fare voli mozzafiato tra i grattacieli di Gotham city restando saldamente ancorati alla propria poltroncina.

in effetti il film, più o meno, rispetta le aspettative. parte bene e pare confermare il livello della regia di nolan.

dopo un po', però, qualcosa s'inceppa.

nessuno si aspetta messaggi politici illuminati da un supereroe milionario e proprietario di una fabbrica di armi. e questo nonostante si verifichi che la sua personalità è tutt'altro che prevedibile, poiché si tratta di persona solitaria e ombrosa, che ama prendersi cura degli orfani e che ha uno strano debole per i ladri (fin da batman begins, dove il nostro rifiuta di passare attraverso un'iniziazione consistente nel far fuori un ladruncolo) di cui intuisce un movente comprensibile, come non morire di fame o anche farsi beffe dei ricchi sfondati magari un po' bavosi.

nessuno si aspetta alcuna parvenza di messaggio politico dal batman di nolan, anche se ci hanno abituati a riscontrarne di più o meno evidenti e chiari in molti film di supereroi.

infatti sarebbe stato molto meglio se non ce ne fossero stati, o se, essendocene, fossero stati molteplici e non univoci. invece, la storia del terrorista Bane porta a compimento quanto stava sottotraccia nei primi due episodi, facendo deflagrare una quantità di indicazioni monoliticamente reazionarie che non solo infastidiscono chi ha altre idee, ma rendono farraginosa e fredda la trama, che all'improvviso ci appare studiata a tavolino.

cade miseramente la teoria che era stata manifestata da qualcuno per il secondo episodio, e cioè che nel film vi sia
una serie infinita di sottotesti in grado di far ben presto polpette di ogni possibile manicheismo (Gianluigi Ceccarelli, ZabriskiePoint.net)
e si verifica invece in maniera piuttosto lampante la teoria dello scrittore Andrew Klavan, che sul Wall Street Journal definiva conservatore lo stesso episodio, paragonando Batman a Bush, poiché
come Bush, anche Batman deve oltrepassare i limiti dei diritti civili per superare un'emergenza

in sintesi, ecco il messaggio del terzo episodio:
è bene non sapere che harvey dent era un lestofante, pur di tenersi il sacro decreto emanato in sua memoria, che ha sospeso le libertà civili di chi commette un crimine eliminando la condizionale. non stupisce che una città in cui a tanta durezza corrisponde un grande benessere dei cittadini, molti dei quali finazieri stramiliardari, a qualcuno venga in mente di voler creare un movimento di "occupy wall street". così avviene.
ma il film ci spiega che chi occupa wall street è il male assoluto, un criminale provenuto da un non precisato carcere mediorientale, a capo di criminali, che guarda caso, una volta dismessa la tutina arancione, somigliano a dei guerriglieri cubani, hanno pure facce simpatiche, ma sfortunatamente per loro seguono slogan di sovietica memoria, e usano le armi in nome di una giustizia sociale che porta con sé lo spettro di un nuovo e ancor più crudele stalinismo, mentre i processi sommari cui vengono sottoposti i cittadini ricordano il 'terrore', la parte più rossa della rivoluzione francese.

il problema è che i riferimenti alla storia politica d'europa sono così scoperti e didascalici da non consentire a questo punto una lettura diversa da quella improvvisamente raffreddata di uno spettatore costretto a riconoscere in tutto quel che segue non un film d'azione mozzafiato ma il compimento di una tesi desolantemente chiara e semplice. altro che infinità di sottotesti.

conclusione: bocciato!




venerdì 7 settembre 2012

venezia / della mia ignoranza

succede che in un festival si imparino tante cose, si conoscano registi di cui non si è mai sentito parlare e si imparino ad apprezzare film che a prima vista erano sembrati piuttosto inutili. per esempio imparo che le attrici di spring break erano icone disney di high school musical, idoli di giovani teenager. questo fa del film di korine un film in un certo senso "iconoclasta": far vedere la brave-belle-buone reginette disney in veste droga-sesso-stupefacenti è comunque un'operazione interessante, certo, spring breakers rimane un film leggero e non tra i miei preferiti, ma questo mi ricorda -forse non c'era bisogno, lo so- di come la persona informata possa sempre trovare e capire più risvolti.
io sono assolutamente disinformato a questo festival, e me ne pento. anche se a volte, entrare in sala senza sapere assolutamente nulla di ciò che sta per iniziare, è un'esperienza molto interessante.
i miei limiti sono chiari alla proiezione di

la cinquieme saison
di peter brosens e jessica woodworth
in concorso
capitolo conclusivo di una trilogia di cui non ho colpevolmente visto nulla, comprendente khadak (ambientato in mongolia) e altipiano (in perù). questa storia di un villaggio delle ardenne è raccontata con apocalittica visionarietà: nel paese, perlopiù basato sull'agricoltura, la primavera non arriva più, la fertilità è scomparsa con il ciclo delle stagioni. onestamente credo di dover rivedere il film dopo i due capitoli prima, altrimenti, tolta una prima parte bellissima, il film mi sembra estremamente teatrale e pretenzioso. ma mi accorgo che c'è un buon 50% di possibilità -almeno!-che si tratti di un mio limite di conoscenza.

yema (mother)
di djamila sahraoui
orizzonti
film algerino fondato su pochi personaggi in mezzo un terreno fustigato dalla siccità. la regia e la fotografia sono molto interessanti, ma c'è un grave problema di credibilità degli attori, assolutamente implausibili sia come agricoltori (la protagonista-regista ha mani, capelli e volto da impostata e benestante attrice teatrale e quando zappa o semina sembra non aver mai visto in vita sua un contadino, cadendo nel grottesco) sia come estremisti islamici.

bellas mariposas
di salvatore mereu
orizzonti
storia di famiglie e amicizie nella periferia di cagliari. la protagonista, cate (bravissima la ragazza che la interpreta, come quasi tuto il cast), di tanto in tanto parla con la macchina da presa, rendendo il film quasi un diario, libero e registicamente molto interessante e godibile. casca nell'ultima mezzora, rimanendo però un film che vale la pena vedere, nonostante la parte, purtroppo importante ai fini della storia, di una micaela ramazzotti che centra come i famosi cavoli a merenda.

araf (somewhere in between)
di yesim ustaoglu
orizzonti
film davvero molto bello che perde più di un colpo sul finale ed è davvero un peccato. comunque da vedere.

san zi mei (three sisters)
di wang bing
orizzonti
due ore e trenta di documentario su una poverissima famiglia in un villaggio delle yunnan, in cina. la vita contadina si mescola ai giochi di tre piccolissime sorelline. interessante, con una dorografia splendida. strano inserirlo in orizzonti dove non ci sono altri documentari.

ammetto che sulla via per andare a vedere pieta di kim ki-duk alla videolibrary mi è venuto male e ho preferito prendermi un gelato e mangiarmelo in spiaggia...
credo capirete.




mercoledì 5 settembre 2012

venezia / altri due giorni intensi

secondo voci e critiche comparate dei giornali stranieri, the master di anderson e apres mai di assays sono i due favoriti al momento. è stato il figlio e paradise:faith che sono i miei preferiti seguono a ruota: il primo sembra non essere piaciuto all'estero, il secondo ha pareri molto contrastanti. come anche malick. tanja stamattina ha parlato con due giornalisti che sono sicuri che il leone d'oro andrà a pieta di kim ki-duk, che io non ho visto e che però sembra essere piaciuto sia a tanja sia ad altre persone di cui mi fido.
passiamo ad altri film, visti tra ieri e oggi.

l'intervallo
di leonardo di costanzo
orizzonti
primo lungometraggio di fiction di un collaboratore di garrone, la cui matrice è ben riconoscibile nello stile quasi documentaristico. 
la storia è semplice, un "intervallo", una parentesi, per due ragazzini che solo in questi attimi si ritrovano per quello che sono: un ragazzo di 17 anni e una ragazza di 15. 
prima e dopo questo arimo, sono solo ombre controllate dalla camorra. il film è al 90% concentrato sulla loro interazione all'interno di una casa abbandonata: lui ha ordine di controllare lei, che è lì come punizione per aver frequentato un ragazzo del clan nemico a quello del quartiere. intenso e coinvlgente, ottimamente girato, diretto e recitato. 

anton tut ryadom (anton's right there)
di lyubov arkus
fuori concorso, proiezioni speciali
toccante documentario su anton, un bambino autistico, le sue vicende famigliari e il suo lungo iter prima di potersi inserire in qualche modo nella vita, imparando infine a lavorare manualmente, ad avere qualche timida relazione sociale, a piangere. io ho imparato con lui, mi sa, visto che è il film in cui ho pianto di più: il tocco della regista non è interessato tanto alla forma ma è messo solo al servizio del contenuto, e tratta onestamente un tema difficile da gestire con grande rispetto e intensità. qualche minuto di troppo (due ore sono tante, e qualche scena conviviale si sarebbe forse potuta tagliare) non rovina comunque un documentario che partendo dalla storia di anton arriva a riflettere sul senso del cinema e del venire ripreso, lasciando un senso di solitudine esistenziale difficile da dimenticare. (ok, l'ho fatta fuori dal vaso forse con questa frase. ma il film si conclude con un tema scritto da anton sulla "gente" che ha più poesia in 1 riga di quanta non l'abbia la sceneggiatura di malick in 200 pagine di voce fuori campo...)

spring breakers
di harmony korine
in concorso
regista cult, autore di julien the donkey-boy e di mister lonely, harmony korine presenta qui in concorso quello che è di gran lunga il film più leggero (anche quello della bier sembra essere una commediola dai toni vivaci, a dire il vero). ben diretto, molto divertente, in almeno un'occasione quasi esilarnte, colori ultrapop tendenti al fluorescente. ci saranno in tutto il film 5 minuti senza musica, e almeno nei primi 50 minuti si ha la sensazione di assistere a un videoclip ben girato. ma un videoclip.

gaosu tamen, wo cheng baihe qu le (fly with the crane)
di li ruijun
orizzonti
proiezione delle 22.30 che non aiuta il ritmo lento e riflessivo di un film (ottimamente recitato) sul rapporto intergenerazionale tra un nonno e i suoi due nipoti. i colori ipersaturati (la pelle delle persone è praticamente rossa) rovinano una fotografia altrimenti ottima, supportata da una regia attenta, asciutta e curata.

la bella addormentata
di marco bellocchio
in concorso
la vicenda della englaro fa da sfondo a delle storie che ruotano attorno al concetto di diritto di scegliere se vivere o meno. la storia del politico (interpretato da un servillo che è lapalissiano dire "bravissimo anche qui", ma lo dico) è di gran lunga il capitolo migliore, con grandi intuizioni registiche. il resto è un po' meno incisivo e interessante. herlitzka e il suo personaggio, un dottore-psichiatra politico, vale da solo il prezzo del biglietto.

o gebo e a sombra
di manoel de oliveira
fuori concorso
104 anni per de oliveira, un regista che ha vissuto gli ultimi 80 anni di cinema, dal muto a oggi. il film è basato su una piece teatrale di quasi un secolo fa di raul brandao, e risente molto della matrice teatrale: il tutto avviene nel piccolo e povero salotto di una famiglia di bassa estrazione sociale. più dialoghi che movimenti di macchina (nessuno, le inquadrature sono sempre fisse), più recitazione che regia. michael lonsdale e jeanne moreau reggono alla grande i tempi dilatati e le lunghe inquadrature, claudia cardinale un po' meno. ma vederli tutti e tre assieme in un film fa un certo effetto.

ja tozhe hochu (me too)
di alexej balabanov
orizzonti
storia surreale on the road sulla via di una città abbandonata dopo un non meglio precisato disastro nucleare. umorismo russo, a tratti grottesco a tratti interessante (con un nonsoche di kaurismakiano). qualche inquadratura (location molto belle) è bellissima, ma in generale è un film che non convince su tutti i fronti.

stasera non vedrò film perchè è il compleanno di jon e ci prendiamo una pausa. domani ce ne aspettano 6 però. cercherò anche di vedere in videolibrary pieta di kim ki-duk per poter dare i miei pareri sul fresco favorito secondo le ultime voci.

martedì 4 settembre 2012

venezia / visioni

dunque, quando si vedono in media 5-6 film al giorno, succede che si ha l'impressione di non usare mai la propria immaginazione. si sognano solo film appena visti, o, come nel caso della nostra giurata tanja (direttrice del bellissimo pola film festival), si hanno terribili premonizioni sui film che si vedranno. jon, ancora una volta in giuria con me, mi dice che il suo subconscio è stato come bombardato dal napalm. io tendo a essere catatonico per buona parte del giorno.
non si ha troppa consapevolezza di che giorno sia, di che ora siano, di che stagione dell'anno.
e rileggendo il blog mi accorgo che scrivo in modo catatonico peraltro dimenticando anche qualche film che ho visto. recupero inserendo qui i due che avevo dimenticato, molto brevemente.

boxing day
di bernard rose
orizzonti
film low budget con manie di protagonismo del regista che firma anche riprese, montaggio, composizione e interpretazione colonna sonora, produzione, sceneggiatura non originale tratta da tolstoj. si potrebbe dare un premio per il soggetto a tolstoj, ma non credo il mondo ne senta l'esigenza... per il resto rose è un pessimo musicista, un pessimo operatore di camera, un anonimo montatore, ma un discreto regista. la storia è interessante e coinvolgente, supportata da due ottimi attori.per la cronaca: è la storia di un driver che porta in giro un compratore di immobili abbandonati fino a rimanere bloccati in macchina in mezzo al ghiaccio, di notte.

tango libre
frederic fonteyne
orizzonti
film eccentrico,"musical da galera" viene definito qui dai giornalisti stranieri. a parte qualche scena a suo modo ben riuscita (un tango in prigione) il film rimane nella sfera "curiosità di dubbio valore".

après mai
di olivier assayas
ammetto con vergogna che è il primo film di assayas che vedo. nonostante il tema (post adolescenza di un gruppo di ragazzi subito dopo il sessantotto), per usare un eufemismo, non mi affascini particolarmente, il film è piacevole e ben diretto. sarà distribuito in italia da ubu. e merita anche solo per la colonna sonora.

kapringen (a hijacking)
di tobias lindholm
orizzonti
film che più danese non si può: camera a mano, niente musica, attori molto bravi, film intenso e teso sulla storia di un equipaggio di una nave appartenente a una multinazionale danese che viene sequestrata da un gruppo di pirati a largo dell'oceano indiano. si avviano le trattative per il riscatto, mentre la camera si alterna tra i freddi ambienti della multinazionale e il puzzo e le tensioni del cuoco
Mikkel (protagonista - bravissimo e vagamente simile a un orson welles danese) all'interno della nave. il film è intenso, con un ottimo ritmo, ben girato e diretto. ma sembra uno di quei film che si scordano dopo un paio di giorni. vedremo.

campanadas a medianoche (falstaff)
di orson welles
retrospettive
sala piena per la versione restaurata di quello che per alcuni critici è il miglior film di orson welles.
il film è introdotto dal direttore del restauro e da un breve documentario che spiega l'iter prima di arrivare a questa versione (ne esistevano diverse, con varianti significative). è ovviamente un capolavoro, nonostante le difficoltà economiche e il protrarsi delle riprese e della produzione per diversi anni. parecchi sono gli aneddoti riguardo al film, ma purtroppo tra un'ora devo essere di nuovo in sala quindi mi riprometto di riportarli più avanti.

sennen no yuraku (the millenial rapture)
koji wakamatsu
orizzonti
il regista è cult, classe 1936. ammetto, ancora una volta, di non aver mai visto un suo film. e devo anche ammettere che questo qui non è il miglior biglietto da visita.  girato con una videocamera digitale non particolarmente all'avanguardia, con il bianco che perde il bilianciamento tra campo e controcampo all'interno della stessa scena... è un film piuttosto difficile da guardare e da digerire. è il film di cui ha avuto premonizione tanja: la notte rima si è svegliata da un incubo in cui noi tre avremmo dovuto vedere un film in cui le fotografie parlano e le donne parlano con i morti ("tipo uncle boonme", dice). jon quando il protagonista si presenta con una mantellina nera e un cappello a cilindro di fronte alla propria levatrice che sta parlando con le foto in bianco e nero che si animano decide di lasciare la sala. non è una scelta poco saggia, confesso.

menatek ha-maim (the cutoff man)
di idan hubel
orizzonti
film  israeliano breve e lentissimo sullo stato d'animo di un uomo che per vivere accetta di fare un lavoro scomodo: tagliare l'acqua a chi non paga la bolletta. in parallelo il figlio non vuole fare il militare ma è costretto. il film è ben diretto, ma non c'è alcuno sviluppo. è una descrizione di un senso di colpa del dover fare qualcosa che non si vorrebbe fare. sa molto di complesso di senso di colpa simbolico di una nazione. la sala è drammaticamente vuota (una cinquantina di persone).

mentre crollo a letto mi accorgo che non riesco a immaginare niente.
a domani




















lunedì 3 settembre 2012

venezia / una giornata che va così

malick continua ad animare le conversazioni dovunque, dividendo in due fazioni piuttosto nette.
mi sembra che comunque tutti, tranne due critici inglesi, concordino che to the wonder sia quantomeno inferiore a the tree of life. non sono riuscito però nelle discussioni a captare perché sia piaciuto, al di là dell'essere "una riflessione sull'amore e sul tradimento visivamente unica" (questa è la motivazione che di solito mi viene data). come spesso accade più si difende o si attacca un film più si finisce per avere la tendenza a perdere ciò che realmente si pensa del film per difendere le proprie convinzioni. così meglio passare agli altri film. 
io confermo la mia versione di ieri, con l'impressione che malick sia arrivato in un cul-de-sac manieristico.

leones
jazmin lopez
orizzonti
film insopportabile, inspiegabilmente selezionato nella sezione orizzonti. 
è la storia di un gruppo di ragazzi che si perdono nel bosco (alla Gerry di gus van sant, o così piacerebbe alla regista....) e parlano di pretenziosi argomenti filosofico-poetici (nelle note di regia spiccano citazioni di borges). 
la regista chiede con una lettera ufficiale al proiezionista della mostra del cinema di cambiare la luminosità di alcune parti durante la proiezione, regolando la lampada. questo tocco artistico-autoriale è la ciliegina sulla torta. più di metà sala se ne va. 
il momento più eccitante della proiezione avviene quando il signore dietro di noi starnutisce: il pubblico sopito dalla noia si anima, ride e lo applaude in segno di ringraziamento per aver dato un colpo di vita alla sala. ecco il bello del cinema.

outrage beyond
takeshi kitano
in concorso
godibile anche se convenzionale film yakuza, pseudo-seguito di Outrage: Kitano confeziona un film che si barcamena tra dialoghi (più o meno divertenti) e sparatorie poco coreografate. qua e là qualche dito mozzato in segno di pentimento, e cose così. se non fossero le 22.30 di una giornata ventosissima probabilmente me lo goderei di più.
in più i sottotitoli sono talmente bassi che dopo 40 minuti rinunciamo a leggerli: salviamo la cervicale ma perdiamo un buon 80% dell'intreccio. 

gossip
anche the master (di p.t. anderson) pare aver diviso in due pubblico e critica, ma purtroppo non riuscirò a vederlo perchè si sovrappone ai miei doveri di giurato. in più oggi finalmente mi vedrò campanadas a medianoche di orson welles: il mio senso di contemporaneo e di attesa per film-nuove-uscite è piuttosto basso, confesso. per welles sacrifico, senza troppi rimpianti a dire il vero, Pieta di kim ki-duk. 
le molte persone con cui parlo mi dicono di non aver visto granché di interessante d'altro.
ieri sera ho conosciuto una ragazza giovanissima (21 anni) che lavora come organizzatrice di alcuni festival a Tampere e nel cinema storico del padre: mi racconta che aki kaurismaki è un carissimo amico di famiglia, e mi riprometto di farle un terzo grado per raccogliere storie e aneddoti su di lui.












domenica 2 settembre 2012

venezia / speciale malick - o meglio: di come non mi sia piaciuto il nuovo film di malick

to the wonder
di terrence malick
in concorso
è un film in linea con the tree of life anche se più narrativo; credo sia abbastanza inutile raccontare la trama perchè è un film fatto soprattutto di sensazioni, immagini stupende (ancora una volta emmanuel lubezki direttore della fotografia), e voci fuori campo che raccontano gli stati d'animo dei personaggi in gioco. alla prima proiezione si mescolano applausi e "buuu", alla mia (la seconda) sono più gli applausi. tra questi anche quelli del signore inglese di fianco a me che ha dormito per 70minuti ma alla fine si è alzato in una standing ovation litigando con il ragazzo spagnolo di fronte che invece stava fischiando (e aveva riso diverse volte nel corso del film). mi spiace dirlo, ma se devo proprio schierarmi mi schiero con lo spagnolo, intanto perchè il film l'ha visto tutto, poi perché secondo me è un film molto manierista, con pochi contenuti e tante bellissime immagini, esteticamente impeccabili ma alla lunga stoppose, e non è esente da diversi momenti un po' troppo cliché (frasi tipo "la vita è sogno", "l'amore mi ama", o il lasciarsi cadere all'indietro confidando nella prontezza del compagno). non credo di aver mai visto tanti tramonti in un unico film. 
giuro: a un certo punto c'è romina mondello (ex non è la rai e bulli e pupe) nella parte -apparentemente importante per gli sviluppi della storia- di un'amica italiana che spiega come bisogna sorprendere la vita: un momento a mio avviso davvero imbarazzante.
ben affleck (lo salva il fatto di simboleggiare l'america) ha due espressioni: con e senza pullover. per fortuna parla poco. 

low tide
di roberto minervini
orizzonti
storia di un rapporto figlio-madre ribaltato, in un paesino del texas. 
daniel (daniel blanchard, è cliché dirlo ma è davvero "strepitoso") si occupa della casa mentre la giovane madre rasta, pur lavorando come donna delle pulizie in un ospedale, si preoccupa delle sue feste con annesse avventure sessuali. un film un po' alla dardenne, asciutto, molto intimo,  cucito addosso al giovane protagonista, seguito dentro e fuori dalla casa, nei campi texani, dove con semplice poesia viene descritto il suo rapporto e la sua passione per la natura e gli animali.

sabato 1 settembre 2012

venezia / primi 3 giorni


apro la mia quarta volta di fila alla mostra del cinema di venezia (la prima da giurato Cicae per la sezione orizzonti) con un film italiano. mi riprometto di essere molto sintetico, questa volta, nel parlare dei film. cercando ovviamente di non anticipare a chi daremo il premio.



gli equilibristi

di ivano di matteo

orizzonti

il pubblico in sala sembra essere interessato soprattutto alla prova -niente male- di mastandrea, attore principale di un film con poche idee e quasi nessuno sviluppo che piace a molti italiani ma che -giustamente- viene bollato dalla combriccola di amici stranieri come "fiction televisiva". è tra quelli in concorso per il nostro premio, quindi non vado oltre.



la città ideale
di luigi lo cascio
settimana della critica
piacevole sorpresa questo film insolito che segna l'esordio alla regia di lo cascio -anche ottimo attore principale-: divertente e coinvolgente, con un finale sospeso che ben si addice al viaggio kafkiano di un protagonista schiacciato dall'inverosimilità della sua versione all'interno dei meccanismi e delle burocrazie della legge.

pinocchio
di enzo d'alò
giornate degli autori
il film è anticipato da una serie di corti al femminile, sotto il nome di women's tales (prodotti all'interno del progetto MIU MIU da miuccia prada, sponsor delle giornate degli autori. si tratta di una markettona inguardabile e fastidiosamente e maschilisticamente etichettata come "sotto il segno della creatività femminile". l'unica prova almeno registicamente dignitosa è quella di lucrecia martel, per il resto si tratta di spot patinatissimamente inconcludenti e irritanti).
la storia di pinocchio è ovviamente proposta con tagli e selezioni: la prima parte è piuttosto lenta e non particolarmente originale, mentre la seconda è coinvolgente e a tratti ammaliante grazie anche agli splendidi disegni e a un'attenzione cromatica davvero formidabile. il paese dei balocchi che appare "dopo aver mangiato dei cioccolatini" è psichedelico e intrigante. bellissime le musiche dell'applaudito e rimpianto lucio dalla.

paradise: faith
di ulrich seidl
in concorso
secondo capitolo di seidl dopo paradise:love sull'analisi dei "paradisi morali" creati dall'uomo all'interno della sua realtà. questa volta tocca alla fede religiosa, vista nel film come totale e totalizzante: la protagonista ha con dio (o meglio con il crocifisso e con l'idea di dio) un rapporto univoco che coinvolge tutta la sua vita, anche quella fisico/sessuale (il film inizia con lei che si frusta di fronte a lui). è forse in realtà un film sulle "dipendenze", fisiche e psicologiche. la regia è asciutta e graffiante, molto "austriaca", con momenti di rara potenza e bellezza.
ovviamente ho sentito -ma ignorato per pigrizia, confesso- le relative immancabili polemiche.

bad 25
di spike lee
fuori concorso
mi chiedono "com'è il documentario di spike lee su michael jackson?"
rispondo "è un documentario di spike lee su michael jackson"
nel senso che è esattamente come ve lo aspettate. molto televisivo, con momenti divertenti, ovviamente consigliato ai fan di jackson, con qualche grosso sospetto che si tratti di uno spottone dell'album bad 25 di jackson (il cui poster è presente dietro tutte le persone intervistate). che  tuttavia non credo abbia bisogno di uno spottone viste le vendite. 
facilmente camuffabile come "atto d'amore di lee per jackson".

wadjda
di haifaa al mansour
orizzonti
storia semplice ma profonda di una bambina un po' più coraggiosa delle altre, il cui sogno è comprare una bicicletta in un posto dove in bici è sconveniente andarci, per una donna. "osa" sognare una bicicletta, dice qualcuno, giustamente, in sala. attraverso la storia di wadjda (bravissima la giovane protagonista -in sala davanti alla standing ovation non riesce a smettere di piangere), la regista descrive la situazione femminile in arabia saudita con grazia e leggerezza (e si tratta di un'opera prima). qualche cliché non intacca l'importanza di questo film: il primo interamente girato in arabia saudita e il primo lì girato da una regista donna. 

karumen kokyo ni kaeru (carmen comes home)
di keisuke kinoshita
retrospettive
primo film a colori giapponese (1951). al di là di questo, è un film molto statico, fatto di dialoghi e di relazioni tra persone conservatrici e ragazze spigliate. confesso che mi sono addormentato -non per colpa del film, credo-.

porcile
di pierpaolo pasolini
retrospettive
restaurato dalla cineteca di bologna con soldi della medusa, il film di pasolini è  pasolinianissimo. l'episodio ambientato ai piedi dell'etna è visivamente memorabile, il resto è secondo me è un po' troppo retorico e alcune parti faccio proprio fatica a digerirle (per esempio una coppia di amanti che dialoga in rima, mettendo spesso "trallalla" alla fine della propria battuta).

el sheita elli fat (winter of discontent)
di ibrahim el batout
orizzonti
sugli avvenimenti di piazza tahrir consiglio di guardare il bel documentario si stefano savona: tahrir 
il tema è lo stesso ma il modo in cui viene affrontato (chiramente sto confrontando un documentario con un film di finzione, quindi con le dovute differenze) è completamente diverso: è diretto, di pancia. qui il film di el batout si perde nella messa in scena facendo scemare l'attenzione per il tema. è un film lento e macchinoso. qualcuno in sala dice "tipico per la sezione orizzonti".
 
è stato il figlio
di daniele ciprì
in concorso
sicilianissimo esordio senza maresco per daniele ciprì. grottescamente divertente e piacevole, con una fotografia che è certamente la migliore vista finora e molto probabilmente una delle migliori del festival. molte scene sono memorabili e la prova "regia" passa ampiamente l'esame anche senza franco maresco. 

martedì 7 agosto 2012

da locarno / dopo la tempesta

piove sempre, tuoni e lampi che impazzano, e quindi le proiezioni in piazza grande ancora non le riesco a seguire...

un buon rifugio, ci diciamo, è sempre la retrospettiva preminger, che però da questa volta inizia a scricchiolare.
la fila per River Of No Return (tradotto in italiano con "la magnifica preda") raggiunge e riempe la piazza grande. Il motivo è semplice, ed è nei nomi in cartellone: Marilyn Monroe, che ancora oggi riempie le sale, a quanto pare. certo è che riempie lo schermo (cinemascope) con il suo petto ben in vista, spesso bagnato dai sapienti schizzi d'acqua del fiume del non ritorno. alcune riprese sono talmente grottesche da suscitare l'ilarità collettiva: è uno di quei casi in cui il film è di per sé al limite della guardabilità ma che in una sala piena diventa un'esperienza divertente. 
l'idea narrativa del film nasce da un adattamento western di ladri di biciclette: invece della bici nel west ci si ruba il cavallo (sono serissimo: l'ha detto il critico nell'introduzione).
Robert Mitchum gira a vuoto nel suo petto tronfio di sicurezza, la Monroe trova qualche divertente numero cantato, come questo ed è sempre uguale a se stessa, nel bene (per i fan) e nel male (per chi non la può soffrire)



Forever Amber (it. "Ambra") dura 140minuti, e io per 40 ho dormito (mea culpa) quindi è per me difficile giudicare, anche se i drammi amorosi in costumi di due ore e venti non sono proprio il mio genere preferito...

The human factor (tradotto, semplicemente, "Il fattore umano", roba da non credere: ne hanno imbroccato uno, finalmente) è secondo il morandini "uno dei punti più bassi della carriera di O. Preminger". forse non sono d'accordo, ma di certo è un film ricco di dialoghi mal scritti e mal interpretati, con qualche attore caratterista notevole, una colonna sonora alla Refn (!) e uno stile più asciutto ma meno studiatodel preminger vecchia maniera.

finalmente le tempeste passano e riusciamo a sederci in piazza grande, dove mi vendono un bicchiere d'acqua gasata a 3,50 euro e proiettano Bachelorette, un film inspiegabilmente simile alla mia idea di desperate housewives (ovvero all'idea di uno che non ne ha mai visto una puntata dall'inizio alla fine) e inspiegabilmente lontano dall'idea del "film alla locarno". Io e la mia vicina di proiezione Ena (che per la cronaca è marketing and communication manager del Sarajevo Film Festival. ah dimenticavo: ha 26 anni) ci rifiutiamo di andare oltre all'ennesima tirata di cocaina a scopo comico e lasciamo una piazza che terrà anche 8000 persone ma ha un'acustica (almeno in questa serata, e almeno quel film) piuttosto deficitaria e non fa nemmeno un graffio alla proiezione del considerato-meno-importante Pula Film Festival.

per la cronaca mi viene detto che il Festival di Locarno è quello che dispone del budget più alto in assoluto.

domenica 5 agosto 2012

da locarno / giorno 2 / soldi spesi bene

arriva la pioggia in modalità diluvio, lampi e tuoni che sorprendentemente non fanno saltare la proiezione in piazza grande, dove alcuni impavidi seduti sulle seggioline affrontano la visione sotto le mantelline gialle offerte dal festival. io -che così impavido non sono-, i miei soldi preferisco spenderli per un film della retrospettiva su otto preminger.

the 13th letter (tradotto in italiano con il fantasioso La penna rossa), rifacimento de Il corvo di clouzot, è un film che alterna giallo quasi thriller, un affresco di un paesino di campagna con relativi intrighi, e momenti di commedia brillante. il bianco è nero è splendido e la regia impeccabile. qualche scena risulta oggi datata o cliché, ma prendendola con occhio storico diventa interessante. soldi spesi bene. ci ripromettiamo di vederne altri.
film intero qui, anche se vederlo in pellicola con la sala quasi piena è un'emozione impagabile.

sabato 4 agosto 2012

da locarno / storie (e prezzi) di ordinaria follia


anche a locarno fa caldo, ma soprattutto dopo il primo caffè mi accorgo che i prezzi non sono come quelli di breslavia, e dato che non ho fatto in tempo a farmi fare l'accredito, sarò molto parsimonioso di biglietti, quindi di film e quindi di commenti.



le mie amiche annelie e esther, svedese la prima e svizzera la seconda, non sembrano stupite dei 16euro per un pranzo a buffet quasi evanescente per consistenza, io sì. e lo sono (ingenuamente, lo so) anche quando mi chiedono 12.50euro per un biglietto. vedo Storie di ordinaria follia, di marco ferreri, ovviamente basato sul celeberrimo libro di bukowski. il film è in inglese, con uno strepitoso ben gazzara e una evanescente ornela muti (il film è proiettato all'interno di una rassegna su ornella muti su cui preferirei non commentare): formalmente ineccepibile, inquadrature studiate e asciutte, una comicità sottocutanea che ben veicola bukowski forse con qualche voce fuori campo di troppo. alcune scene in una spiaggia lunare, con i gabbiani a mo' di avvolti, sono piuttosto indimenticabili.  
qui la questione di stile (che in lingua originale è molto meglio) 

ps marco ferreri è un regista che giustamente si va riscoprendo in italia e all'estero..

lunedì 30 luglio 2012

new horizons & brighton / post scriptum

a brighton fa più fresco, il vento fa galleggiare i gabbiani controvento sulla spiaggia domenicalmente affolata, e io mantengo la promessa mainstream di vedere il lungo capitolo finale del cavaliere oscuro: the dark knight rises ( trailer)

jon preferisce vedere il film nel multisala Odeon, a due passi dalla spiaggia: nel suo cinema sarebbe stressante, e in più vuole vederlo in digitale mentre da lui lo proiettano in 35mm come consigliato dal regista Nolan (anche se ormai anche il suo duke of york  -"il più antico e miglior cinema inglese" secondo le parole di jon e in effetti è stato votato "miglior cinema inglese 2012" - proietta ormai quasi tutto in digitale). 
per la cronaca jon è un disincantato esercente pro-digitale, io un retrogrado pro-35mm anche se il disincanto è inevitabilmente vicino...(parlando di questo film: la qualità dell'immagine è secondo me inferiore rispetto alla pellicola, ma jon afferma con assoluta certezza che l'audio è nettamente migliore).  

il parere politicamente corretto è che sia un film decisamente peggiore del capitolo precedente, sia per regia, sia per recitazione, sia per scrittura. non si sente la durata (2 ore e mezza) grazie a un buon ritmo e alla musica epicamente incalzante.
il parere politicamente scorretto, ma più onesto, è che si tratta di una ciofeca con qualche sparuto buon momento. colpi di scena, scene insensate, straviste spiegazioni-pappardella del perché un cattivo è diventato cattivo, dialoghi cliché del tipo "batman, sei tornato per vedere gotham distrutta?" -dice il cattivo- segue risposta batmanica "no sono venuto a fermarti". mavva: guarda te l'originalità. 

sulla via del ritorno sfoglio il catalogo del new horizons film festival di breslavia scoprendo interessanti vite di registi più o meno sconosciuti, ne riporto alcuni dettagli che forse meritano: 
lavrente indico diaz, nato nel sud delle filippine, a Datu, nel 1958, è anche compositore, poeta, drammaturgo, produttore, direttore artistico, regista "specializzato in film veramente monumentali di svariate ore ciascuno, visto che crede che i tempi lunghi non solo regalino più profondità alle scene, ma che riflettano anche la realtà della sua cultura, in cui il tempo non è una comodità". è il padre spirituale della new wave filippina. ovviamente il suo film più breve in programma è di 356 minuti (century of birthing / siglo ng pagluluwal, 2011 - ma ne ha fatti anche di 12 ore). segnato nelle cose da fare prima di morire.
Jukka Kärkkäinen, regista finlandese che come primo lavoro è muratore.
dominga sotomayor castillo, regista cilena del 1986 laureatasi in una scuola cattolicissima e residente nella comune Penalolèn con i suoi genitori.
khavn de la cruz, il più prolifico regista al mondo, autore di film a zero-budget con la sua casa di produzione FILMLESS FILM e direttore del .mov film festival. è anche (dice il catalogo): compositore, poeta, pianista, e infine front-man di un gruppo rock in cui militano solo altri registi filippini ai vari strumenti. 
ci sono registi con nomi fantastici, che sembrano celare mondi quasi letterari: eija-liisa ahtila (finlandia), panahbarkhoda rezaee (iranese), apichatpong weerasethakul (tailandese, conosciuto per via del successo a cannes di uncle boonmee who can recall his past live, amatissimo da tim burton). 

con il senno di poi mi spiace non essere riuscito a vedere nessun film di ulrich seidl, radicale e contestato regista austriaco. werner herzog ha detto di un suo film (animal love / tierische liebe / Austria, 1995, 114 '): "non ho mai guardato l'inferno in modo così diretto".

segue foto ironica andata sulle riviste polacche del nostro amico roman gutek e ripresa amatoriale mia di un trasporto di una vasca da bagno sotto il nostro hotel.





sabato 28 luglio 2012

new horizons / giorno 3 / come sulle bitches island

la temperatura breslava oggi è aumentata in modo vertiginoso, e così anche l'umidità: sembra di vivere nell'aria malsana delle bitches island del film di ieri, di sgomitare nella "densità seppia" della grana della sua pellicola (sono definitivamente convinto che sia un'espressione piuttosto insensata, quindi insisto).

mi sveglio alle 8 per vedere un mockumentario storico: This Is Spinal Tap dir. Rob Reiner / USA 1984 / 82'
ecco, è uno di quei film in cui si ride di gusto. film intero qui


poi jon mi convince a vedere almeno un film della sezione messicana:Summer of Goliath (Verano de Goliat) dir. Nicolás Pereda / Mexico, Canada, Netherlands 2010 / 76’. film estremamente lento, con pochissimi stacchi (ci sono meno di 50 inquadrature in tutto il film), per darvi un'idea vi racconto che: mi sono addormentato nel momento in cui goliath parla con sua mamma in camera sua, non so per quanto, ma mi è sembrata un'eternità visto che ho fatto anche ben 2 sogni, vabbè, insomma, mi sveglio e goliath sta ancora parlando con sua mamma in camera sua, stessa inquadratura. mi sento come in una piaga spaziotemporale. è un film davvero "da festival", che non può trovare un'altra vetrina, e forse questo non è eccessivamente un male. nessuno applaude nonostante la presenza del regista in sala (che di solito sembra essere sempre un buon motivo per applaudire di default...). 

finisco guardandomi un'altra interessante serie di corti di Giersz.

quando esco ci sono 35 gradi e galleggio nell'aria dal tanto che è densa. incontro la giovane critica di ieri sera che mi offre un caffè (bere caldo quando fa caldo: bah, sarà..) e mi racconta un po' di come funziona la vita del giovane critico freelance. mi stupisce che a 26 anni lei e suoi compagni siano già stati 3 volte a venezia, due volte a cannes, una volta a toronto: più o meno rientra sempre nelle spese grazie ai pezzi che vende alle riviste (perlopiù polacche ma anche inglesi - a quanto pare scrivono tutti anche in inglese). mi chiedo se ci sono giovani critici in italia che possono dire lo stesso.

salutiamo Roman con un caloroso abbraccio e lo lasciamo al suo taxi con bela tarr (che è con fidanzata a seguito: ecco perché sembra più felice - nota jon).
siamo in perfetto orario. starò domani da jon, a brighton, dove conto di vedere l'ultimo capitolo di batman che in inghilterra è già uscito da un paio di settimane.

breslavia è una cittadina carina che durante il festival vede incrementare sensibilmente il numero di giovani, che già sono 150000 -grazie alla presenza delle università-. per alcuni di loro la partecipazione al festival è considerata obbligatoria, come se fosse un corso. il festival ci ha fatto un'ottima impressione: ben organizzato, con sezioni interessanti e intelligenti e ottime proiezioni (quasi tutte in pellicola), con personale preparato e un programma che raccoglie film appena presentati ai festival più importanti ma anche alcune chicche. ci sono pochi eventi collaterali, solo una festa-concerto, sempre nello posto, tutte le sere. qui si vive la città da sé, è una normale conseguenza, una volta organizzato un buon festival, senza bisogno di modaiole feste per vivere gli spazi pubblici. visto anche che si tratta di una città piuttosto a buon mercato è un'esperienza che mi sento di consigliare a chi vuole godersi una settimana di buon cinema (purtroppo 4 giorni sono un po' pochi per riuscire a godersi tutto). ecco l'home page del festival: qui 



new horizons / giorno 2 / storie più o meno drammatiche

Treasure of The Bitch Island (Le trésor des îles chiennes)dir. F.J. Ossang / France, Portugal 1990 / 108’ / sezione immagini dalla fine del mondo. si tratta di un film post-apocalitticamente autoironico (forse non abbastanza) girato in un bel bianco e nero dalla densità quasi seppia (non so bene se vuol dire qualcosa la "densità seppia" ma mi vien da dire così): i primi 40 minuti sono divertenti, poi la faccenda si "fa un po' spessa" come direbbe il mio papà. ci sono 50 minuti di troppo che su 108' si fanno sentire, in una storia che narra della spedizione suicida di tale Ulisse (chiamato anche capitan Morte) e annessa allegra combriccola di strani individui. le location sono spesso memorabili (zone vulcaniche, paludi, posti così) e sono decisamente più importanti della scarsa azione, ridotta perlopiù a dialoghi senza senso, allucinazioni e deliri sotto effetto di droghe e di vapori emanati dall'isola. colonna sonora dal gruppo "postpunk" preferito dal regista: the Messageros Killers Boys. qui un esempio.

Holy Motors dir. Léos Carax / France 2012 / 110’
film metacinematografico ricco di scene molto belle e momenti di alto cinema. il rientro al cinema di léos carax (dopo 13 anni, di fatto) è all'insegna di un misterioso e affascinante omaggio al rapporto pubblico-attore-regista. si tratta di una storia difficile da raccontare, una sorta di cosmopolis (viaggio in lomousine) che si nutre di giochi di parti e maschere, con tanta dose di ironia e autoironia. l'attore abituale di carax, denis lavant, è mimeticamente strepitoso.
jon sostiene -e mi trova d'accordo- che spesso nel cinema e nei festival le dinamiche più importanti da conoscere siano legate al gossip, quindi la sera uscirò da solo -jon preferisce stare con la fidanzata che non sta tanto bene, forse prr il caldo- alla ricerca di informazioni. incontro un giornalista (alto massimo un metro e quaranta) dei cahiers du cinema (estremamente pretenzioso, in linea con la testata per cui lavora) che mi racconta perchè carax ha aspettato così tanto a fare un altro film. la storia è piuttosto drammatica, vi avviso: la moglie, una (pare) bellissima attrice estone (peraltro ex moglie del più celebrato regista lituano vivente: sarunas bartas) si è suicidata qualche anno fa gettandosi sotto un autobus, lasciando sprofondare carax in una crisi spirituale e lasciandogli un figlio da crescere. Holy motors, ed è a questo punto chiaro dal titolo, è anche un modo per riconciliarsi -mi dice- con il mondo dei "motori" e di ritornare al cinema. trailer di holy motors


Innocence Unprotected (Nevinost bez zaštite)dir. Dušan Makavejev / Yugoslavia 1968 / 78’
altro film della retrospettiva, altro film di Dušan Makavejev critico nei confronti del comunismo e del suo culto del corpo con conseguente insano narcisismo (vincitore del Berlin IFF 1968 – FIPRESCI Prize, Silver Berlin Bear). si tratta, come nel precedente film visto ieri, di un interessantissimo ibrido che mescola molti spezzoni del primo film parlato serbo con filmati di propaganda e materiale d'epoca (in alcuni casi davvero bello): il perno attorno cui gira il tutto è Dragoljub Aleksić, acrobata, atleta e sceneggiatore.
film intero qui

ebbene sì non resisto. alle 19.00 ri-vedo per la settima volta (la sesta al cinema, la terza in lingua originale) e diventa così il film che ho visto in assoluto più volte al cinema della mia vita: Le Havre dir. Aki Kaurismäki / Finland, France, Germany 2011 / 93’ / sezione stagione 2011/2012. regge alla grande anche la settima visione e rimane il mio film preferito della sua annata e il film per cui la gente mi prende più in giro...(per la cronaca: tutto esaurito e applausi finali)

alla sera vorrei vedere il quinto film della mia penultima giornata breslavia, ovvero Project Nim dir. James Marsh / USA, UK 2011 / 93’ ma faccio tardi a cena e mi riprometto di fare un po' di networking, e così verrò a sapere della storia di carax e di altri aneddoti di scarsa rilevanza.

ps per la cronaca parlo con 4 affermati critici polacchi, hanno tra i 24 e i 26 anni (il che è inquietante), e una di loro s'è laureata con tesi su guy muddin (quello di keyhole di ieri), che ha anche intervistato più volte. keyhole ovviamente è il suo film preferito dell'anno ma purtroppo non mi sa spiegare niente di più di quello che avevo capito io, cioè poco niente. le sue motivazioni non vanno al di là del "il suo bianco e nero è splendido" e del "ci sono rimandi al cinema russo". 



giovedì 26 luglio 2012

new horizons / giorno 1 / perlopiù un giorno retrospettivo, diciamo

a colazione incontriamo Roman Gutek la cui accoglienza e gentilezza sono sempre spiazzanti. una persona incredibilmente positiva. dico incontriAMO, alla prima plurale, perché, come spesso nelle mie sortite ai festival, sono con il mio caro amico jon. roman ci abbraccia e sembra quasi commosso (è grazie al suo invito che siamo qui, e nemmeno dobbiamo pagare l'albergo).

dopo un po' arriva bela tarr che, per la terza volta, dopo sarajevo e vilnius, fa colazione con noi. ovviamente lui non si ricorda, noi sì. sembra più di buonumore delle altre volte. accenna addirittura un paio di sorrisi.

ritiriamo gli accrediti e i gadget vari poi ci sediamo in fronte a uno dei tanti computer per le prenotazioni. il sistema è semplice e funzionale, più simile a cannes che agli altri festival, ma molto più semplificato. si prenota con un click che scala il proprio punteggio (noi abbiamo 25 punti) poi ci si presenta senza biglietti cartacei al cinema e si passa il codice a barre stampato sul nostro accredito sul lettore gestito dalle maschere.
si parte, insomma.

WR: Mysteries of the Organism (W.R. – Misterije organizma)dir. Dušan Makavejev / Yugoslavia, West Germany 1971 / 86’ / retrospettiva. si tratta del film più controverso e importante di un regista jugoslavo già piuttosto controverso, film che gli costa l'esilio per le posizioni estremamente critiche nei confonti del comunismo. uno strano mix di documentario (principalmente su Wilhelm Reich e la sua teoria del potere terapeutico e sociale dell'orgasmo), misto a una storia d'amore di fiction volutamente popolare, misto a un film pornosoft. la libertà sessuale diventa un'arma contro alcuni ideali comunisti (comunisti che sono chiamati, nel finale del film "red fascists", con alcune scene in cui il volto di Stalin viene montato di fianco a un calco-scultura di un pene: ricordiamo che è del 1971, e in jugoslavia...). la sera ceneremo nel tavolo di fronte al regista, oggi ottantenne, e alla sua compagna: lui, tanto simpatico quanto gobbo, parla con Roman di cos'è stato il comunismo, tutta la serata, prima di scomparire nella folla di gente che popola breslavia con la sua gobba perfettamente paralella alla strada.
film completo qui

mentre jon si riposa io non vedo l'ora di vedere un'altra proiezione della sezione retrospettiva, anzi in particolare alcuni corti d'animazione, di cui so che la polonia è ricca di storia. tant'è che compro un cofanetto "antologia polskiej animacji" con corti di jan lenica, zbigniew rybczynski, walerian borowczyk e molti altri che, come quelli appena scritti, non so assolutamente come si pronuncino. tra questi c'è anche witold giersz (nato nel 1927) che roman mi dirà essere uno dei maestri storici. a dire il vero in sala siamo solo in 10 (quello precedente era sold out, invece) ma gli altri si perdono un'ottima occasione...la selezione comprende corti più "didattici" come Dinosaurs (Dinozaury / 1963 / 17’) che spiega l'evoluzione dei dinosauri, e come Big Cats and How They Came to Be (Wielkie koty / 1976 / 11 - meraviglioso il movimento dei felini disegnati con tratti tanto semplici e rapidi quanto curati; bellissimi i fondali ad acquerello), ad altri più legati alla cura della narrazione: Ethnographical Museum (Skansen / 1978 / 8’ - il mio preferito) e il più lungo Be My Guest, Mr. Elephant (Proszę słonia / 1978 / 68’), peripezie di un bambino esonerato perché molto basso e del suo elefante di porcellana che, dopo aver preso pastiglie multivitaminiche, cresce a dismisura, impara -da una formica - a muoversi, diventa un fenomeno da zoo, poi da circo, prima di capire che deve ritornare piccolo per poter rimanere amico del suo amato padroncino (e per farlo deve perdere liquidi e quindi piangere).
kos (che per molti è il suo migliore)qui

sezione panorama. Keyhole dir. Guy Maddin / Canada 2011 / 94’
ci vado perché guy maddin, regista autodidatta canadese, è per molti un regista di culto, capace di coniugare cinema muto, film dal montaggio serratissimo di sapore sovietico, e atmosfere alla david lynch (o almeno ci prova). personalmente (jon concorda) del film non ci capisco niente. la definizione migliore la troviamo sulla via verso cena: sembra che il regista voglia dire tante cose (alcune divertenti, altre filosofico-epiche) e che parli tanto, in tutti i modi: montaggio rapidissimo, bianco e nero, grandi nomi tra gli attori, camera a mano, anzi poi fissa, anzi poi a mano (...), luce soffusa, sovrimpressioni, e così via. peccato che pare si capisca solo lui.tutto ciò che c'è da vedere, a nostro avviso (sono certo che a molti piacerà invece), è nel trailer, qui.

dopo cena passeggiamo, anche se è talmente umido che sarebbe più corretto dire "nuotiamo", approdando infine nella piazza del mercato dove la gente è ferma davanti a un film del 1918 con tanto di orchestra che suona dal vivo. il film è Mania. The History Of A Cigarette Factory Worker (Mania. Die Geschichte Einer Zigarettenarbeiterin) dir. Eugen Illés / Germany 1918 / 85’ ci saranno 2500 persone nella piazza: molte sono sedute sulle sedie apposite, molte ai numerosi pub, bar e ristoranti ai lati della piazza, molti per terra, qualcuno sui sellini delle proprie biciclette, altri, come noi, in piedi leccando un gelato. la proiezione è gratuita e fa un certo effetto-magia-del-cinema vedere così tante persone in silenzio che guardano un film del genere (restaurato in modo strepitoso e proiettato in pellicola). e, seppur stopposamente melodrammatico e spiccatamente teatrale, fa sempre bene vedere che non c'è poi bisogno di tante parole per raccontare una storia per immagini. trailer


p.s.il pubblico polacco ancor oggi sente in modo particolare il magnetismo di pola negri, diva anche a hollywood prima di essere stroncata dall'arrivo del sonoro (la sua voce era particolarmente insopportabile, pare) e per un certo periodo compagna di rodolfo valentino.

p.p.s sono ufficialmente entrato nella fase in cui parlo, penso e sogno solo in inglese: quindi perdonatemi gli eventuali errori in italiano!



t-mobile new horizons film festival / wroclaw

sebbene poco conosciuto nell'europa ovest, il new horizons film festival di Breslavia (Polonia), pare essere uno dei più importanti festival dell'est europa. rimando qui per le informazioni più generiche.



guardando i film in programma si notano diverse sezioni interessanti (anche se non di tutte capisco bene il senso, ma sono arrivato da qualche ora, molto tardi la notte, e c'è uno strano caldo umido, quel caldo che si ha quando si pensa di avere la febbre) oltre ovviamente ai film in concorso (divisi in 4 sezioni: competizione internazionale, film on art, corti polacchi, corti europei): special screenings, panorama, cinema of mexico (c'è in generale moltissima attenzione per il cinema sudamericano ma anche per il cinema asiatico), mockumentaries, documentaries, the happy end (immagini per una fine del mondo), retrospettive (carlos reygadas, ulrich seidl, wietold giersz, dusan makavejev, peter tscherkassky), from stage to screen, new horizons of film language (che non ho ben capito cosa vuol dire, ma che viene aperta da Playtime di jacques tati), gdynia in vreslavia (non chiedete, per ora non ho la minima idea...), the karol irzykowski film studio, i film per bambini.

sfogliando rapidamente il programma noto che ci sono film molto diversi: più recenti (l'ultimo di haneke vincitore di cannes), meno recenti (il secondo me molto bello life without principles di johnnie to, che era avevo visto a venezia in concorso), più o meno storici (tati, ma anche greenaway -the falls, sezione mockumentary-), e soprattutto di tante provenienze diverse. per esempio i film in concorso sono produzioni: francesi, iraniane, americane (roman, il direttore, colui che ci ha invitati, in ottobre dirige anche uno dei più grandi festival di cinema indipendente americano - eh sì: a breslavia), tedesche, brasiliane, cinesi, sudcoreane, cilene, svizzere, olandesi. molto interessante è avere una sezione tutta per i mockumentaries, mi riprometto di vederne molti anche seprima devo capire come funziona il sistema di prenotazione online con accrediti: come a venezia, come ormai dovunque in realtà, anche chi ha l'accredito deve prima prenotare online i biglietti (giustamente...).

passeggiando per le stradine del centro ieri sera, mi sono accorto che tutta la città è tappezzata di pubblicità del festival, dovunque, che il polacco è una lingua piuttosto complessa al limite dell'autoironia (per dire "grazie" bisogna dire una spataffiata di roba che so già non imparerò mai), che ci sono tantissimi giovani, che comunque a tutti piace bere tanto, e che si capisce lontano un miglio che non sono polacco e quindi sono un turista.
oggi cercherò di mimetizzarmi meglio, ma soprattutto di vedermi qualche film.