mercoledì 27 agosto 2014

venezia / giorno uno: The look of silence - Realité

Eccomi nel caldo afoso di Venezia.
Anche in sala c'è un'aria torrida, tollerabile nella rinnovatissima -ed enorme- Sala Darsena (quasi "bella" e anche molto elegante, tutta in grigio), al limite del sopportabile nella piccola Sala Volpi. Per la prima volta il Lido non è così gremito di gente, anche se -dicono- da domani si popolerà esponenzialmente.

parto dalle voci di corridoio. sono voci molto fidate (e competenti) per cui le prendo per vere. alcune vengono da Paula (ex direttrice della cineteca messicana), altre da Raymond (direttore del cinema Rialto, Amsterdam), oltre che il mio solito amico Jon (quindi pressoché inappuntabili).

Birdman di Alejandro Gonzalez Inarritu (che si scrive con accenti vari che non so dove andare a prendere). ecco il TRAILER
Il film d'apertura (in concorso) vede uno straordinario Michael Keaton (concordano tutti) alle prese con una storia che sembra ispirata a se stesso (Birdman=Batman) e che tira dentro Raymond Carver. Una serie di piani sequenza ottimamente calibrati e un'ottima prima parte (concordano tutti) non salvano una seconda parte che pecca di "pretentiousness", "come quasi tutti i suoi film" (concordano e concordo - nessuno è un grande amante del messicano...).

La vita oscena di Renato de Maria è di gran lunga il film più schifato dai miei amici stranieri (qui il miglior modo di giudicare un film italiano è fidarsi dei pareri stranieri: quelli italiani ne stemperano sempre la bruttezza). i pochi che sono entrati a vederlo (molti per sbaglio) lo sbolognano in fretta tanta è la pochezza in gioco (pare). non muoio (confessione personale) dalla voglia di vedere un film di De Maria perdipiù basato su un libro di Aldo Nove. incontro anche un critico italiano: mi dà ragione (e lui l'ha visto).

invece ho visto (e mi sono piaciuti entrambi parecchio)

The look of silence di Joshua Oppenheimer (in concorso). Documentario nato da una costola (ben sviluppata poi in modo a sé stante) del bellissimo The act of killing, ma che segue una linea narrativa più semplice e tradizionale: la ricerca della verità sull'uccisione del fratello vittima del genocidio indonesiano, diventa per il protagonista (che fa l'oculista e vuole vederci chiaro ma soprattutto far vedere meglio gli altri) un viaggio nella banalità ma soprattutto nell'omertà e accettazione drammatica del Male. Molto bello, alcune scene sono molto toccanti e potenti, è ben montato, senza musiche, e con una bellissima fotografia (qua e là non così richiesta e un po' stona), forse è troppa la messa in scena di alcune parti per essere duro come dovrebbe: ecco, se c'è una critica da fare è che è troppo estetizzante in alcuni momenti (anche qui concordiamo tutti: oggi andiamo abbastanza d'accordo, pare). In ogni caso vivamente consigliato.


Reality di Quentin Dupieux (orizzonti). Mi viene consigliato da un ragazzo francese, e io mi fido anche perché non ho mai visto niente del delirante regista conosciuto anche come Mr. Oizo (e compositore di musica elettronica oltre che regista). Sulla strada per la proiezione incontro tre persone che non si conoscono che lo hanno visto da poco e mi dicono (li incontro in momenti diversi) tutti la stessa cosa: "it's weird". sarà anche strano (avevano proprio ragione: "strano" è l'aggettivo giusto) ma ci diverte molto ed è fresco, nuovo, libero: un gioco di scatole cinesi che non si prende mai sul serio, anzi. 
trama: Un cameraman di una trasmissione tv decide di fare un film sci-fi in cui i televisori spappolano il cervello degli umani. Il produttore gli dice che ok, ti do i soldi, ma solo a patto che il film contenga un gemito così pazzesco da meritare l'oscar. Il regista va alla ricerca dell'urlo perfetto mentre sullo schermo la storia si intesse in modo sempre più fuori-di-testa con 
1) un film thriller (in apparenza) di un (geniale?) regista che frequenta lo stesso strambo produttore del protagonista regista-cameramen
2) i suoi incubi (suoi del regista-cameraman) 
3) i suoi incubi (suoi del conduttore della trasmissione tv per cui lavora il regista-cameraman) e la sua ipocondriaca paura di un eczema cutaneo
4) i loro incubi (loro un po' di tutti, soprattutto del preside della bambina del film thriller del regista geniale) 
5) un eczema mentale diffuso tra tutti, anche gli spettatori. 
un gioco sulla visione, sul cinema, sulle storie, un inception sconnesso e costruito come una commedia surreale dai toni sospesi. un casino divertente, insomma. spero verrà distribuito, merita. il regista presenta così il suo film:

Tre anni fa stavo dirigendo Rubber, il mio secondo lungometraggio, con un pneumatico nel ruolo principale. Mi piaceva molto l’idea di sostituire l’attore con un oggetto animato, più facile da dirigere e meno esigente di un essere umano. Purtroppo non avevo niente in comune con questo pneumatico, che sul set era sgradevole e completamente passivo. Da Wrong in poi, sono stato costretto a lavorare di nuovo con persone reali e da allora non ho smesso di apprezzarlo. Nel 2012 ho girato due film a Los Angeles (grazie a Grégory Bernard e alla Realitism Films). Il primo è Wrong Cops. Questo film è sporco, stupido e semplice. Il secondo, Reality, è integro, intelligente e intricato. Al momento entrambi sono in fase di montaggio. Sono i migliori film che abbia mai realizzato. (da “Les Cahiers du Cinéma”, gennaio 2013)

ps Ah, "Realité", il titolo, è anche il nome della protagonista del film thriller nel film, giusto per incasinare ulteriormente il tutto. e la colonna sonora del film riprende un bellissimo album di Philip Glass, QUESTO

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