giovedì 5 settembre 2013

Venezia 70 / VORREI MA NON POSSO

Eccoci. Sono opinioni personali ovviamente, ma sincere. Tiè.

ALGUNAS CHICAS di Santiago Palavecino (100' - orizzonti)
ovvero vorrei essere David Lynch ma a malapena riesco a fare The Blair Witch Project
Thiller psicologico dalle atmosfere (gli piacerebbe) lynchiane che ricorre a tutti gli espedienti per creare una vibrante tensione emotiva fallendo su tutta la gamma: fotografia instagrammosa virata sul blu, attrici che girano a vuoto, storia inconcludente, tempo perso pari a 100'. Il vero mistero non è chi ucciderà chi o la piscologia di quale delle tre donne prevarrà ma Chi ha dato i soldi perché si realizzasse questo film e Chi lo ha programmato a Venezia. Misteri insoluti. Come se non bastasse nella sinossi del film sul sito ufficiale dicono (e mi risulta intollerabile) "porosi incubi, giochi pericolosi e una soverchiante incertezza": porosi e soverchiante nella stessa frase - ci terrei a sottolinearlo-. 
E' un film poroso da tutti i pori. 
(ps ho provato a cercare un trailer ma se digito Algunas Chicas su youtube escono prevedibilmente solo ragazze seminude)


ANA ARABIA di Amos Gitai (84' - in concorso)
ovvero vorrei fare anche io il mio film in un unico piano sequenza ma non sono Sokurov anche se mi piaccio un casino
Una giornalista dai capelli rossi intervista donne e uomini di una famiglia mista di ebrei e palestinesi che vive ai margini della società sentenziando frasi della profondità de "L'amore deve essere più forte di ogni cosa", "ho imparato a non aver paura della vita", "Arabi e ebrei sono uguali" e altri aforismi di sconcertante banalità. Molti definiscono tutto ciò un inno alla tolleranza e all'integrazione. Io preferisco credere che si possano dire cose un pelino più profonde, ma forse è utopia. Tolta la scena finale (molto bella) è un film parlatissimo, spiegatissimo e recitatissimo (nel senso che si vede che recitano lontano un miglio, soprattutto l'insopportabile protagonista e la sua borsetta e sciarpa chic cui forse non è stato detto che non si tratta di To the Wonder di Malick ma di Ana Arabia di Gitai), in cui tutto l'interesse va alla minuziosa perizia dell'unico piano sequenza (ben orchestrato e studiato - al decimo ciak la versione poi utilizzata). A mio avviso è un colossale bluff cui non mancheranno estimatori pronti a difenderlo a spada tratta (tanto che alcuni invocavano il Leone d'Oro).

ZORAN IL MIO NIPOTE SCEMO
di Matteo Oleotto (106' Settimana della critica)
ovvero facciamo una commedia stupida all'italiana ma con budget ridotto così la facciamo spacciare per un piccolo film divertente e ci facciamo tutti un po' di soldi
Agghiacciante standing ovation (per fortuna ero già uscito) e tutto esaurito alle proiezioni di questo film sulla scia di Si può fare. Visto rivisto stravisto: anche basta. I non italiani sono sconcertati e non capiscono: non capiscono gli applausi continui in sala (davanti a ramanzine moraliste impartite con ironia o a un canto di un coro che parla di scoregge), le risate sguaiate del pubblico davanti a un rutto o alle parolacce o all'ennesima parte del (bravo) Battiston nella parte (guarda un po', ancora) di se stesso. Prevedibile, machiettistico-caricaturale, piatto, con l'immancabile momento dramma per suscitare quelle basse emozioni necessarie alla riuscita e quell'aria da basso budget indie che mi irrita sin dai titoli di testa (ovviamente gialli in bel design). Non fosse a Venezia e fossi in un multiplex mi potrebbe sembrare un film carino e piacevole: qui si dà delle arie sbagliate nella sezione settimana della critica. La sua visione in Sala Darsena è un poroso incubo soverchiante. E' fatto per piacere e scommetto piacerà.





1 commento:

francesco ha detto...

e ovviamente ZORAN ha vinto SCHERMI DI QUALITA':

Premio "Schermi di qualità" va a "Zoran, il mio nipote scemo"
E’ "Zoran, il mio nipote scemo" di Matteo Oleotto il film vincitore della seconda edizione del Premio "Schermi di Qualità". Il riconoscimento viene attribuito all’opera di produzione italiana, presentata in una delle diverse sezioni della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, e giudicata maggiormente rappresentativa ai fini della programmazione delle sale aderenti al Progetto "Schermi di Qualità". Il film è stato scelto, si legge nella motivazione, “per l’efficace elaborazione di tematiche sociali, filtrate attraverso una forte ironia che a tratti sfocia nel cinismo, a connotare una condizione esistenziale spesso improntata alla sconfitta ma pronta al riscatto e alla consapevolezza. Un film “ad alta gradazione alcolica”, nobilitato dalla magnifica interpretazione di Giuseppe Battiston”.