mercoledì 5 settembre 2012

venezia / altri due giorni intensi

secondo voci e critiche comparate dei giornali stranieri, the master di anderson e apres mai di assays sono i due favoriti al momento. è stato il figlio e paradise:faith che sono i miei preferiti seguono a ruota: il primo sembra non essere piaciuto all'estero, il secondo ha pareri molto contrastanti. come anche malick. tanja stamattina ha parlato con due giornalisti che sono sicuri che il leone d'oro andrà a pieta di kim ki-duk, che io non ho visto e che però sembra essere piaciuto sia a tanja sia ad altre persone di cui mi fido.
passiamo ad altri film, visti tra ieri e oggi.

l'intervallo
di leonardo di costanzo
orizzonti
primo lungometraggio di fiction di un collaboratore di garrone, la cui matrice è ben riconoscibile nello stile quasi documentaristico. 
la storia è semplice, un "intervallo", una parentesi, per due ragazzini che solo in questi attimi si ritrovano per quello che sono: un ragazzo di 17 anni e una ragazza di 15. 
prima e dopo questo arimo, sono solo ombre controllate dalla camorra. il film è al 90% concentrato sulla loro interazione all'interno di una casa abbandonata: lui ha ordine di controllare lei, che è lì come punizione per aver frequentato un ragazzo del clan nemico a quello del quartiere. intenso e coinvlgente, ottimamente girato, diretto e recitato. 

anton tut ryadom (anton's right there)
di lyubov arkus
fuori concorso, proiezioni speciali
toccante documentario su anton, un bambino autistico, le sue vicende famigliari e il suo lungo iter prima di potersi inserire in qualche modo nella vita, imparando infine a lavorare manualmente, ad avere qualche timida relazione sociale, a piangere. io ho imparato con lui, mi sa, visto che è il film in cui ho pianto di più: il tocco della regista non è interessato tanto alla forma ma è messo solo al servizio del contenuto, e tratta onestamente un tema difficile da gestire con grande rispetto e intensità. qualche minuto di troppo (due ore sono tante, e qualche scena conviviale si sarebbe forse potuta tagliare) non rovina comunque un documentario che partendo dalla storia di anton arriva a riflettere sul senso del cinema e del venire ripreso, lasciando un senso di solitudine esistenziale difficile da dimenticare. (ok, l'ho fatta fuori dal vaso forse con questa frase. ma il film si conclude con un tema scritto da anton sulla "gente" che ha più poesia in 1 riga di quanta non l'abbia la sceneggiatura di malick in 200 pagine di voce fuori campo...)

spring breakers
di harmony korine
in concorso
regista cult, autore di julien the donkey-boy e di mister lonely, harmony korine presenta qui in concorso quello che è di gran lunga il film più leggero (anche quello della bier sembra essere una commediola dai toni vivaci, a dire il vero). ben diretto, molto divertente, in almeno un'occasione quasi esilarnte, colori ultrapop tendenti al fluorescente. ci saranno in tutto il film 5 minuti senza musica, e almeno nei primi 50 minuti si ha la sensazione di assistere a un videoclip ben girato. ma un videoclip.

gaosu tamen, wo cheng baihe qu le (fly with the crane)
di li ruijun
orizzonti
proiezione delle 22.30 che non aiuta il ritmo lento e riflessivo di un film (ottimamente recitato) sul rapporto intergenerazionale tra un nonno e i suoi due nipoti. i colori ipersaturati (la pelle delle persone è praticamente rossa) rovinano una fotografia altrimenti ottima, supportata da una regia attenta, asciutta e curata.

la bella addormentata
di marco bellocchio
in concorso
la vicenda della englaro fa da sfondo a delle storie che ruotano attorno al concetto di diritto di scegliere se vivere o meno. la storia del politico (interpretato da un servillo che è lapalissiano dire "bravissimo anche qui", ma lo dico) è di gran lunga il capitolo migliore, con grandi intuizioni registiche. il resto è un po' meno incisivo e interessante. herlitzka e il suo personaggio, un dottore-psichiatra politico, vale da solo il prezzo del biglietto.

o gebo e a sombra
di manoel de oliveira
fuori concorso
104 anni per de oliveira, un regista che ha vissuto gli ultimi 80 anni di cinema, dal muto a oggi. il film è basato su una piece teatrale di quasi un secolo fa di raul brandao, e risente molto della matrice teatrale: il tutto avviene nel piccolo e povero salotto di una famiglia di bassa estrazione sociale. più dialoghi che movimenti di macchina (nessuno, le inquadrature sono sempre fisse), più recitazione che regia. michael lonsdale e jeanne moreau reggono alla grande i tempi dilatati e le lunghe inquadrature, claudia cardinale un po' meno. ma vederli tutti e tre assieme in un film fa un certo effetto.

ja tozhe hochu (me too)
di alexej balabanov
orizzonti
storia surreale on the road sulla via di una città abbandonata dopo un non meglio precisato disastro nucleare. umorismo russo, a tratti grottesco a tratti interessante (con un nonsoche di kaurismakiano). qualche inquadratura (location molto belle) è bellissima, ma in generale è un film che non convince su tutti i fronti.

stasera non vedrò film perchè è il compleanno di jon e ci prendiamo una pausa. domani ce ne aspettano 6 però. cercherò anche di vedere in videolibrary pieta di kim ki-duk per poter dare i miei pareri sul fresco favorito secondo le ultime voci.

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