martedì 4 settembre 2012

venezia / visioni

dunque, quando si vedono in media 5-6 film al giorno, succede che si ha l'impressione di non usare mai la propria immaginazione. si sognano solo film appena visti, o, come nel caso della nostra giurata tanja (direttrice del bellissimo pola film festival), si hanno terribili premonizioni sui film che si vedranno. jon, ancora una volta in giuria con me, mi dice che il suo subconscio è stato come bombardato dal napalm. io tendo a essere catatonico per buona parte del giorno.
non si ha troppa consapevolezza di che giorno sia, di che ora siano, di che stagione dell'anno.
e rileggendo il blog mi accorgo che scrivo in modo catatonico peraltro dimenticando anche qualche film che ho visto. recupero inserendo qui i due che avevo dimenticato, molto brevemente.

boxing day
di bernard rose
orizzonti
film low budget con manie di protagonismo del regista che firma anche riprese, montaggio, composizione e interpretazione colonna sonora, produzione, sceneggiatura non originale tratta da tolstoj. si potrebbe dare un premio per il soggetto a tolstoj, ma non credo il mondo ne senta l'esigenza... per il resto rose è un pessimo musicista, un pessimo operatore di camera, un anonimo montatore, ma un discreto regista. la storia è interessante e coinvolgente, supportata da due ottimi attori.per la cronaca: è la storia di un driver che porta in giro un compratore di immobili abbandonati fino a rimanere bloccati in macchina in mezzo al ghiaccio, di notte.

tango libre
frederic fonteyne
orizzonti
film eccentrico,"musical da galera" viene definito qui dai giornalisti stranieri. a parte qualche scena a suo modo ben riuscita (un tango in prigione) il film rimane nella sfera "curiosità di dubbio valore".

après mai
di olivier assayas
ammetto con vergogna che è il primo film di assayas che vedo. nonostante il tema (post adolescenza di un gruppo di ragazzi subito dopo il sessantotto), per usare un eufemismo, non mi affascini particolarmente, il film è piacevole e ben diretto. sarà distribuito in italia da ubu. e merita anche solo per la colonna sonora.

kapringen (a hijacking)
di tobias lindholm
orizzonti
film che più danese non si può: camera a mano, niente musica, attori molto bravi, film intenso e teso sulla storia di un equipaggio di una nave appartenente a una multinazionale danese che viene sequestrata da un gruppo di pirati a largo dell'oceano indiano. si avviano le trattative per il riscatto, mentre la camera si alterna tra i freddi ambienti della multinazionale e il puzzo e le tensioni del cuoco
Mikkel (protagonista - bravissimo e vagamente simile a un orson welles danese) all'interno della nave. il film è intenso, con un ottimo ritmo, ben girato e diretto. ma sembra uno di quei film che si scordano dopo un paio di giorni. vedremo.

campanadas a medianoche (falstaff)
di orson welles
retrospettive
sala piena per la versione restaurata di quello che per alcuni critici è il miglior film di orson welles.
il film è introdotto dal direttore del restauro e da un breve documentario che spiega l'iter prima di arrivare a questa versione (ne esistevano diverse, con varianti significative). è ovviamente un capolavoro, nonostante le difficoltà economiche e il protrarsi delle riprese e della produzione per diversi anni. parecchi sono gli aneddoti riguardo al film, ma purtroppo tra un'ora devo essere di nuovo in sala quindi mi riprometto di riportarli più avanti.

sennen no yuraku (the millenial rapture)
koji wakamatsu
orizzonti
il regista è cult, classe 1936. ammetto, ancora una volta, di non aver mai visto un suo film. e devo anche ammettere che questo qui non è il miglior biglietto da visita.  girato con una videocamera digitale non particolarmente all'avanguardia, con il bianco che perde il bilianciamento tra campo e controcampo all'interno della stessa scena... è un film piuttosto difficile da guardare e da digerire. è il film di cui ha avuto premonizione tanja: la notte rima si è svegliata da un incubo in cui noi tre avremmo dovuto vedere un film in cui le fotografie parlano e le donne parlano con i morti ("tipo uncle boonme", dice). jon quando il protagonista si presenta con una mantellina nera e un cappello a cilindro di fronte alla propria levatrice che sta parlando con le foto in bianco e nero che si animano decide di lasciare la sala. non è una scelta poco saggia, confesso.

menatek ha-maim (the cutoff man)
di idan hubel
orizzonti
film  israeliano breve e lentissimo sullo stato d'animo di un uomo che per vivere accetta di fare un lavoro scomodo: tagliare l'acqua a chi non paga la bolletta. in parallelo il figlio non vuole fare il militare ma è costretto. il film è ben diretto, ma non c'è alcuno sviluppo. è una descrizione di un senso di colpa del dover fare qualcosa che non si vorrebbe fare. sa molto di complesso di senso di colpa simbolico di una nazione. la sala è drammaticamente vuota (una cinquantina di persone).

mentre crollo a letto mi accorgo che non riesco a immaginare niente.
a domani




















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