giovedì 5 settembre 2013

venezia 70 / VALE LA PENA

parto da quelli in concorso

KAZE TACHINU di Hayao Miyazaki (126' - in concorso): ultimo film del maestro giapponese, nonché suo testamento artistico e spirituale. Una storia bellissima e coinvolgente ricca di sfumature e momenti poetici, di Storia (quella vera) mescolata a finzioni quasi fiabesche. Vabbè, dai: è il mio leone d'oro (per quelli che ho visto in concorso). S'è capito.



THE UNKNOWN KNOWN documentario di Errol Morris (105'- in concorso) su Donald Rumsfeld: in realtà qui bisognerebbe dare il Leone come miglior attore a Rumsfeld, protagonista che si mangia il film, il regista e la storia. E' un ritratto suo ma a tratti sembra quasi essere un autoritratto (e questo vale anche come critica ovviamente). E' interessante, non bello né ben fatto (molto televisivo con momenti davvero bassi a livello registico), ma interessante.

JIAOYOU di Tsai Ming Liang (138' - in concorso) è un film visivamente stupendo con almeno una parte (quella centrale), davvero molto bella. E' ostico eh, ed è più vicino alla videoarte e a Matthew Barney che al cinema narrativo, ma è un film che va visto: La recitazione degli attori è a tratti incredibile, la composizione delle immagini e le luci sono da sole un motivo sufficiente a provare senza dubbio il valore del film. Ho avuto qualche problema con le inquadrature tenute almeno 6 volte il tempo necessario alla storia che mettono a dura prova lo spettatore (metà sala abbandona), che in alcuni momenti (quelli in cui la storia prende davvero) fanno perdere tensione e interesse a favore di un intellettualismo artistico che in alcuni momenti mi risulta davvero fastidiosamente narcisistico.

altri non in concorso, a caso

GERONTOPHILIA di Bruce LaBruce (85' - giornate degli autori) è il primo film che ho visto: una commedia canadese  (c'ho messo un po 'a capirlo - che era una commedia non che fosse canadese-) su una storia d'amore tra un ragazzo e un vecchio ospitato in una casa di cura. Piano piano si trasforma in un film on the road, dolce, leggero, ben diretto, che riesce a trattare la tematica difficile in modo empatico e non provocatorio. Difficilmente uscirà in Italia ed è un vero peccato. Sembra un film di Todd Solondz ma è più sentimentale e delicato. Due pecche: l'uso della musica è schematico e banale, l'attore principale sembra uscito da un Twilight (apprendo solo l'ultimo giorno che è un attore porno, ma questo non lo salva).



LA BETE HUMAINE di Jean Renoir (109' - restauri / classici): vabbé è un film del 1938 tratto da Zola e non ve lo dico certo io che si tratta di un film da vedere.

KAPURUSH film minore (del 1965) -ma non tanto- di Satyajit Ray (74' - restauri / classici) dai virtusosissimi e calibrati movimenti di macchina. Bellissima fotografia per una storia così così in cui lo stile prevale un po' sul contenuto (ma è un bel vedere).

AT BARKELEY è un documentario fuori concorso piuttosto lunghino (244') di Frederick Wiseman (presente in sala) sull'Università storica pubblica Americana: un documentario d'osservazione che informa e coinvolge, con momenti più poetici alternati ad altri più informativi. Delicato, attento, interessante e difficilmente si vedrà in italia. Peccato.

STILL LIFE di Uberto Pasolini (87' - Orizzonti) è forse la più felice sorpresa di questa mia edizione. E' un film malinconico, dalla regia elegante e sottile, spesso ironica talvolta drammatica. Un film fatto di silenzi, di pensieri, di umanità profonda. Eddie Marsan è perfetto nella parte, ma tutti gli attori sono incisivi senza mai diventare macchiette. Non so i minuti di applausi che ha ricevuto ma so che ho pianto per un paio di minuti nel toccante finale (considerate che era mattina presto, potrebbe aver influito questo su di me). E non ero il solo.  Una Clip qui 




Venezia 70 / VORREI MA NON POSSO

Eccoci. Sono opinioni personali ovviamente, ma sincere. Tiè.

ALGUNAS CHICAS di Santiago Palavecino (100' - orizzonti)
ovvero vorrei essere David Lynch ma a malapena riesco a fare The Blair Witch Project
Thiller psicologico dalle atmosfere (gli piacerebbe) lynchiane che ricorre a tutti gli espedienti per creare una vibrante tensione emotiva fallendo su tutta la gamma: fotografia instagrammosa virata sul blu, attrici che girano a vuoto, storia inconcludente, tempo perso pari a 100'. Il vero mistero non è chi ucciderà chi o la piscologia di quale delle tre donne prevarrà ma Chi ha dato i soldi perché si realizzasse questo film e Chi lo ha programmato a Venezia. Misteri insoluti. Come se non bastasse nella sinossi del film sul sito ufficiale dicono (e mi risulta intollerabile) "porosi incubi, giochi pericolosi e una soverchiante incertezza": porosi e soverchiante nella stessa frase - ci terrei a sottolinearlo-. 
E' un film poroso da tutti i pori. 
(ps ho provato a cercare un trailer ma se digito Algunas Chicas su youtube escono prevedibilmente solo ragazze seminude)


ANA ARABIA di Amos Gitai (84' - in concorso)
ovvero vorrei fare anche io il mio film in un unico piano sequenza ma non sono Sokurov anche se mi piaccio un casino
Una giornalista dai capelli rossi intervista donne e uomini di una famiglia mista di ebrei e palestinesi che vive ai margini della società sentenziando frasi della profondità de "L'amore deve essere più forte di ogni cosa", "ho imparato a non aver paura della vita", "Arabi e ebrei sono uguali" e altri aforismi di sconcertante banalità. Molti definiscono tutto ciò un inno alla tolleranza e all'integrazione. Io preferisco credere che si possano dire cose un pelino più profonde, ma forse è utopia. Tolta la scena finale (molto bella) è un film parlatissimo, spiegatissimo e recitatissimo (nel senso che si vede che recitano lontano un miglio, soprattutto l'insopportabile protagonista e la sua borsetta e sciarpa chic cui forse non è stato detto che non si tratta di To the Wonder di Malick ma di Ana Arabia di Gitai), in cui tutto l'interesse va alla minuziosa perizia dell'unico piano sequenza (ben orchestrato e studiato - al decimo ciak la versione poi utilizzata). A mio avviso è un colossale bluff cui non mancheranno estimatori pronti a difenderlo a spada tratta (tanto che alcuni invocavano il Leone d'Oro).

ZORAN IL MIO NIPOTE SCEMO
di Matteo Oleotto (106' Settimana della critica)
ovvero facciamo una commedia stupida all'italiana ma con budget ridotto così la facciamo spacciare per un piccolo film divertente e ci facciamo tutti un po' di soldi
Agghiacciante standing ovation (per fortuna ero già uscito) e tutto esaurito alle proiezioni di questo film sulla scia di Si può fare. Visto rivisto stravisto: anche basta. I non italiani sono sconcertati e non capiscono: non capiscono gli applausi continui in sala (davanti a ramanzine moraliste impartite con ironia o a un canto di un coro che parla di scoregge), le risate sguaiate del pubblico davanti a un rutto o alle parolacce o all'ennesima parte del (bravo) Battiston nella parte (guarda un po', ancora) di se stesso. Prevedibile, machiettistico-caricaturale, piatto, con l'immancabile momento dramma per suscitare quelle basse emozioni necessarie alla riuscita e quell'aria da basso budget indie che mi irrita sin dai titoli di testa (ovviamente gialli in bel design). Non fosse a Venezia e fossi in un multiplex mi potrebbe sembrare un film carino e piacevole: qui si dà delle arie sbagliate nella sezione settimana della critica. La sua visione in Sala Darsena è un poroso incubo soverchiante. E' fatto per piacere e scommetto piacerà.





venezia 70 / INDIFFERENZA

NIGHT MOVES di Kelly Reichardt (112' - In concorso) mi ha fatto dormire profondamente e un po' gli sono grato per questo. Per il resto è una storia cupa di tre ambientalisti radicali capitanati dal Jesse Eisenberg del The Social Network. Se la regista non lo presentasse come "thriller sull'ambiguità dell'essere umano" sarei più bendisposto, in ogni caso la mia indifferenza credo sia dovuta più al mio sonno che non alla qualità del film che dovrei rivedere ma anche no  (non mi è sembrato memorabile).

THE ZERO THEOREM di Terry Gilliam (107' - in concorso) certamente non vincerà il Leone e certamente non è il miglior film di Terry Gilliam. E' un po' un minestrone delle idee (direi quasi fissazioni) politico satiriche di Gilliam sulla realtà contemporanea. E all'apparenza le sue idee sono rimaste più o meno le stesse dai tempi dei Monthy Python. Qualche momento funziona bene, qualche attore pure, però nel complesso non è un film imperdibile nonostante qualche bella intuizione, la bellezza (e bravura) sconcertante di Mélanie Thierry, un Christoph Waltz pelato e depresso e un grottesco momento rap di Tilda Swinton. E' in qualche modo un film speculare al precedente Doctor Parnassus e tra quelli in questa sezione INDIFFERENZA è comunque il migliore.

UNDER THE SKIN di Jonathan Glazer (107' - in concorso), regista affermato e celebrato di videoclip musicali (tra cui citiamo almeno Karma Police dei Radiohead), è un film molto visivo, poco parlato, che le tenta tutte per guadagnarsi l'aggettivo di "conturbante": dalle luci alle atmosfere, dalla recitazione di Scarlett Johansson alle musiche e i rumori. Dormo bene anche qui, ma qui devo proprio riprovarci perché potrei davvero sbagliarmi. Si vede comunque un po' troppo che il regista viene dai videoclip e molte scene sembrano forzate narrativamente per arrivare alle "belle immagini", con controluci, pavimenti luminosi e compagnia bella.



SORCERER -  IL SALARIO DELLA PAURA di William Friedkin (restauri / classici) non è un brutto film, anche se dai primi minuti si capisce che subisce -un po' troppo- il peso degli anni Settanta: zoomate, musica e compagnia bella. E' un remake (perdibile) di un capolavoro di Clouzot imperdibile. William Friedkin, amichevolmente chiamato Zio Bill, riceve a questo giro il Leone alla Carriera.



venezia 70 / RUMORS

Allora, quest'anno più di altri anni ho ascoltato i pareri (spesso completamente in contrasto) delle persone attorno a me. Intendo non persone che ho origliato di nascosto sul vaporetto ma amici, conoscenti, persone che stimo. E quei famosi 3 o 4 di cui mi fido. insomma quasi tutti concordano sul fatto che (io non li ho visti per cui mi affido a loro):

- THE CANYONS di Paul Schrader (fuori concorso) sia quantomeno deludente. I commenti passano dalla "ciofeca assoluta" al "mi aspettavo qualcosa di più". Soltanto una persona (apprendo dalla sua pagina facebook) lo ritiene un capolavoro di umorismo sottile stile American Psycho (che gli altri non avrebbero -secondo lui- colto). Io non mi fido di questa persona, per la cronaca. 

- PHILOMENA di Stephen Frears sia il miglior film visto in concorso. Sembra anche gradevole e di facile accesso non solo per critici, intellettuali e compagnia bella ma anche per il pubblico. Difficilmente Bertolucci quindi potrebbe premiarlo.

- lo svedese VI AR BAST! di Lukas Moodysson (Orizzonti), seppur più indicato per teen agers, dev'essere certamente un piccolo film molto bello da non perdere.

- SUMMER 82 WHEN ZAPPA CAME TO SICILY (proiezioni speciali) racconta certamente una storia divertente anche se non è diretto in modo particolamente interessante, anzi (mi dicono, e mi fido). Però qui conta anche il fatto che io amo Frank Zappa, forse non a tutti interesserebbe altrimenti.

MISS VIOLENCE di Alexandros Avranas (in concorso) non verrà mai distribuito in Italia (e qualcuno insinua che solo per questo non vincerà il Leone d'oro, altrimenti lo meriterebbe): è una storia disturbante con scene violente e non è un film di quelli da cui si esce felici, anzi. Molti gridano (si fa per dire) al capolavoro.


- LOCKE di Steven Knight (fuori concorso): un coro a cappella di voci positive.

- DIE FRAU DES POLIZISTEN di Philip Groning (175' in concorso), forse per durata, forse per lentezza, forse perché diviso in 59 capitolini, ha spaccato in due i pareri. io, pur senza averlo visto, mi schiero con fermezza dalla parte degli entusiasti (che vedono tra le loro fila più persone di cui mi fido). Il Grande Silenzio, film precedente del regista, mi è piaciuto molto, ed era lento e lungo. Forse già questa è una buona ragione per il mio schieramento. In ogni caso certamente un film da vedere.  



- L'INTREPIDO di Gianni Amelio (in concorso) con Albanese ha riscosso solo pareri positivi anche dai non italiani. Dico non italiani perché i film italiani, spesso, soprattutto a Venezia, piacciono SOLO agli italiani, lasciando piuttosto perplessi gli altri. E' il caso di Zoran, di cui parlerò nel capitolo VORREI MA NON POSSO.

- MOEBIUS di Kim Ki Duk (fuori concorso) pare uscirà nelle sale in una versione censurata vista la violenza esplicita di alcune parti. E' un film quasi muto, pare, con momenti drammatici e violenti e altri esilaranti. O così pare.

- GRAVITY ha un buon ritmo e tiene bene la tensione.Non mi fido, ma riporto. 

ecco qui chessidiceva in giro.



venezia 70 / premessa

Ecco che sono in treno pronto per ritornare alla "realtà".
Questa volta ho lavorato per la CICAE fino all'1 settembre (compreso), per cui ho visto film perlopiù dal 2 al 4. Insomma, in totale i film che ho visto sono circa 15, non tanti, ma abbastanza per dire che la disorganizzazione del personale era superlativa come sempre, ma la qualità media dei film era abbastanza buona. Oppure sono stato semplicemente più fortunato dell'anno scorso nelle mie scelte.
non sono riuscito a vedere tutto ciò che avrei voluto ma non mi posso nemmeno lamentare, del resto sono sempre riuscito a entrare alle proiezioni, complice anche un evidente (lo dico come colpo d'occhio senza avere alcuna statistica o dato ufficiale) calo degli spettatori. 
E come tutti gli anni, in prossimità del Toronto Film Festival, un buon 50% (forse anche di più) dei giornalisti e professionisti vari lascia il Lido con i suoi formicolanti turisti indemoniati alla ricerca di uno sguardo, anche brevissimo, di Scarlet Johansson per andare oltreoceano.

Non che anche stavola non si siano viste delle ciofeche rare, ma per quello che mi riguarda restano un numero accettabile, tutto sommato. 
dividerò i prossimi post in 
1) RUMORS: suggerimenti vari di persone che conosco e di cui mi fido (per la croncaca: quelle di cui mi fido davvero sui film sono due o tre circa. al mondo intendo).
2) INDIFFERENZA O SIMILI: film che mi hanno lasciato totalmente indifferente, mediamente indifferente o che non mi sono sembrati particolarmente belli.
3) VORREI MA NON POSSO: film brutti e tendenzialmente pretenziosi
4) VALE LA PENA: film che mi sono piaciuti e che vorrei il pubblico vedesse

parto nel dire che avrei tanto voluto vedere DIE ANDERE HEIMAT (230' - fuori concorso) ma che le tempistiche me l'hanno impedito. Se dovesse uscire al cinema sono certo valga la pena vederlo. Se dovesse uscire in dvd ne consiglio la visione, magari anticipata dalle altre 3 serie. 
Ecco ora che ho detto la mia cosa nerd posso passare al resto. 





giovedì 9 maggio 2013

Storie di maniaci e (presunti) casinisti al cinema - Marco Verdura e Osbourne Cox



CINEMA E FUSTAGNO
Il mio primo anno di liceo ci fu una settimana di "autogestione", in cui gli studenti più volenterosi proponevano attività culturali al resto della scuola.
Mi ricordo che un ragazzo aveva organizzato il cineforum. Aveva preso la cosa molto sul serio, invece di un televisore si era procurato un proiettore e con dello scotch nero aveva rattoppato i buchi delle persiane così che il buio "in sala" fosse totale. E in questo buio totale ci spiegava come lui ci teneva tantissimo a farci vedere Satyricon di Fellini, che era un film capitale. Un film difficilissimo, aggiungeva, che richiedeva la massima concentrazione. Noi ci concentravamo, quello era un liceo classico e in quella stanza eravamo un po' tutti intellettuali bonsai, vestiti di velluto e fustagno. Tutti tranne un ragazzo e una ragazza che si erano imbucati in quell'aula per baciarsi e ridere e farsi i fatti loro. Ma quando a un certo punto delle loro evoluzioni fecero cadere, con gran baccano, un casco di motorino appoggiato su un banco, il ragazzo cinefilo si alzò di scatto, accese la luce e disse - "fuori" -  indicando dietro di loro. "Io?" gli chiesi timidamente, e volevo aggiungere, "Io che sono vestito come un piccolo Godard?". E lui: "sìsì, tu là in fondo, basta fare casino".
Non l'ho mai più visto Satyricon. Ma se al cinema sentite qualcuno che fa casino, giuro, non sono io.
Marco Verdura,
Italia


Al cinema Anteo di Milano esiste una rassegna di film in lingua originale. Il mio ricordo, però, si riferisce a quando la sala era unica (e non 100 - 200 - 300 come adesso), ovviamente il biglietto non aveva il posto numerato ed allo spettacolo delle 17,20 (mi sembra, non 17,40 come ora) gli spettatori erano pochi. La strategia era rodata: scegliere il posto corridoio e su quello accanto impilare borsa, cappotto (se di stagione) e quant'altro per tenerlo occupato. Questo perché il più delle volte, a spettacolo cominciato, succedeva. Con la coda dell'occhio vedevo un tipo appropinquarsi e sedersi - a sala praticamente vuota - accanto. A quel punto l'attenzione, che prima era rivolta a cercare di comprendere cosa dicessero nella lingua della perfida Albione, era rivolta a cercare di comprendere le intenzioni del vicino. Non ho mai capito se fossero maniaci acculturati o di madrelingua inglese.
Italia

martedì 30 aprile 2013

Al cinema d'animazione! Osbourne Cox e Elisa Pagliarani



Al cinema da soli (potrebbe anche diventare il titolo di un blog). Non nel senso di non accompagnati, ma nel senso di essere gli unici spettatori. A vedere Dumbo al cinema parrocchiale Belvedere di Vercelli, un sabato sera di tardo autunno di parecchi anni fa. Io avevo già sui 27 anni, in compagnia di quello di oggi é mio marito. Noi due soli. Nonostante l'età non avevo mai visto il film. Penso di averpianto tutte le lacrime della mia vita. Un film bellissimo.

Osbourne Cox, spettatrice del cineforum di rho
Italia


Erano le vacanze di Natale e io e il mio ragazzo decidiamo di andare a vederci un film. La scelta non era particolarmente vasta, o meglio, esclusi i film di De Sica, Boldi e simili, non rimanevano molte altre opzioni. Essendo particolarmente appassionata di cartoni animati, propongo (impongo) di andare a vedere Le 5 leggende. Scegliere film/cartoni è sempre molto rischioso, per cui prima di decidere preferisco guardarmi i trailer e leggere un po’ di recensioni in internet; così ho fatto nel caso in questione e dopo una piccola (e forse troppo poco approfondita) ricerca mi convinco che sia la scelta migliore: il film mi sembra costruito sulla falsa riga di Shrek e quindi sufficientemente divertente e piacevole anche per un pubblico ormai cresciutello.
Passo a comprare io biglietti nel pomeriggio, sicura così di avere dei buoni posti centrali; la sera ceniamo e poi ci dirigiamo al cinema. Avendo lui offerto la cena, insisto per non farmi pagare i biglietti.
Andiamo dunque, non con poche riserve da parte di lui, al cinema. Appena entrati in sala mi rendo conto che la situazione è critica: l’età media dei presenti è di circa 20-25 anni (questo considerando però nel calcolo anche i genitori accompagnatori). L’innumerevole quantità di sedili rialzanti che si trovano solitamente accatastati all’ingresso della sala sono tragicamente tutti disposti su tre quarti dei sedili per permettere a quei piccoli demoni di arrivare, almeno col naso, all’altezza del sedile davanti. I miei fantastici biglietti centrali ci fanno sedere esattamente in mezzo a questa concentrazione di bambini strillanti ricoperti di popcorn. Il film sta per cominciare e ancora non ho avuto il coraggio di girarmi verso il mio ragazzo che, nel frattempo, non aveva ancora detto nulla; comincio a sentirmi profondamente in colpa e ringrazio il momento in cui (forse spinta da una qualche sorta di potere premonitore) mi sono imposta di offrire io i biglietti del cinema.
Non sto qui a raccontarvi quanto il film sia stato un vero e proprio supplizio; non soffrivo così tanto
da La passione di Cristo, film in latino e aramaico sottotitolato della durata di 2 ore e mezza di cui 90 minuti solo di flagellazione. Fortunatamente il mio sventurato accompagnatore si è addormentato per un bel pezzo di film risparmiandosi quell’iniezione nauseante di diabete che, anche da bambina, mi avrebbe lasciata al quanto disgustata.
Usciamo dal cinema e comincia a crescere in me il timore che decida di lasciarmi lì obbligandomi a tornare a casa a piedi (come biasimarlo). Fortunatamente, dopo tanti sorrisi e qualche mea culpa, riesco a limitare la sua reazione ad un “te il film non lo sceglierai MAI piú!”. A marzo l’ho trascinato a vedere Il mago di OZ

Elisa Pagliarani,
Italia