lunedì 22 aprile 2013

(L'intervallo) Al cinema! Valentina Ronzoni e Paola Corti



Era il periodo di Natale ed ero in vacanza in montagna con la mia famiglia, potevo avere la metà degli anni che ho ora; quella sera avevamo deciso di andare al cinema perché davano l’ultimo film di Benigni, da poco nelle sale.
La vita è bella non è certo un film di quelli che si dimenticano, e fin qui ok. Ma la ragione per cui quella proiezione non la scorderò è abbastanza strana.  Il primo tempo è stato l’incubazione di una pipì furibonda, che ha cominciato a manifestare i suoi primi sintomi verso l’intervallo –momento che sarebbe stato perfetto per disfarsi del fastidioso stimolo sul nascere se io non avessi scelto di cedere alla pigrizia, alimentata dall’ingannevole vaghezza di quella sensazione-.  Trascorso il benedetto intervallo vegetando nella poltroncina di velluto, ho cominciato a sentire i primi segni di disagio a secondo tempo iniziato e la cosa si è fatta via via più impellente: nonostante avessi ben individuato il segnale luminoso ad indicazione dei bagni, non riuscivo nemmeno a prendere in considerazione l’idea di alzarmi nel bel mezzo della proiezione, costringendo buona parte dei miei compagni di fila a contorsioni varie ed il resto degli spettatori nelle file dietro ad evitare con lo suardo la mia figura che attraversava lo schermo. Troppo, troppo timida. Anche se il fastidio si era ormai trasformato in vero dolore, la vergogna e l’imbarazzo di diventare la protagonista del film per qualche secondo mi incollavano alla poltroncina come fosse un wc; sudavo ed avevo delle specie di crampi in tutta la pancia, ma tenevo duro cercando di concentrarmi il più possibile sul film, pregando che ogni scena fosse l’ultima. Fin quando l’ultima è arrivata davvero, ed io sono stata una molla. A rotta di collo verso il segnale luminoso, e poi la libertà.
Inutile dire che da allora faccio sempre pipì prima di andare al cinema, e che La vita è bella ho dovuto rivederlo.

Valentina Ronzoni, architetto
Italia




Diciotto anni o giù di lì. Uno dei miei primi turni come maschera al cinema Capitol di Vimercate (erano ancora i tempi in cui in una monosala di provincia il sabato e la domenica la maschera era necessaria). Entro in sala anch'io e rivedo, non so per quale volta, La mia africa: non che mi piaccia, ma l'alternativa è la noia nell'atrio. La Streep è in Africa. A un certo punto, non si sa bene come e perchè, scende da un aereo “guarita” dalla sifilide. Un dubbio atroce mi assale: “ma prima non doveva prenderla la sifilide? Io mi ricordo che anche l'ultima volta l'aveva presa la sifilide. Perché oggi non ha preso la sifilide?”. Esco e trovo seduto nell'atrio, distrutto con le mani nei capelli, Mauro, l'operatore. “Come mai non ha preso la sifilide?” “Il film è su quattro bobine: ho messo la I del II tempo anzichè la II del I. E ormai siamo quasi a metà, non posso fermare e tornare indietro. Non ci stiamo coi tempi.” Breve consultazione e decidiamo di fare l'intervallo poco dopo, cercando di rispettare la regola che il econdo tempo è un filino più corto del primo e di far finta di niente. Solo uno spettatore, su ottanta e passa presenti in sala all'uscita, ci chiede come mai sui giornali c'è scritto che il film durava quasi tre ore quando invece sono poco più di due. Noi imbarazzati, certi che nessun altro ci senta, gli spieghiamo l'accaduto e gli rimborsiamo il biglietto.

Paola Corti, esercente cinematografico barz and hippo
Italia

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